La battaglia dell’IVA continuerà probabilmente per i mesi a venire, a meno che, dopo le elezioni europee del 26 maggio, non causino uno stravolgimento nel quadro politico italiano. Le discussioni sul Def-Pnr dei giorni scorsi sono un indizio che spinge verso questa direzione.
Giovanni Tria, ministro dell’Economia e delle Finanze, ha continuato ad affermare che, senza fonti di finanziamento valide, l’aumento dell’IVA diventerebbe inevitabile. Dal canto loro, Salvini e Di Maio hanno continuato sulla loro linea affermando che non solo l’imposta indiretta resterà tale ma che tutta la pressione fiscale complessiva andrebbe ridotta. Le opposizioni, in modi diversi, hanno affermato che, se dovesse veramente verificarsi un aumento parziale o totale dell’IVA, ciò significherebbe il fallimento totale della politica economica.
Il problema dell’aumento dell’IVA è a più ampio raggio di quanto si possa pensare. Innanzi tutto, per portare avanti politiche economiche quali Quota 100 e Reddito di Cittadinanza sono necessari finanziamenti, i quali potrebbero avvenire tramite l’aumento dell’indebitamento pubblico. La conseguenza di una tale scelta? L’aumento dello spread, con pesanti rischi direttamente proporzionali alla minore sostenibilità del debito.
Se, invece, venisse rimodulata o incrementata l’IVA, quali conseguenze sui tanti declamati investimenti pubblici e privati, i quali dovrebbero ridare vigore e sviluppo a settori da troppo tempo impantanati in una situazione di disagio economico-finanziario? In linea teorica, soprattutto nell’ambito privato, dovrebbe essere attuata una politica tributaria atta ad incoraggiare le aziende ad investire, mentre gli investimenti pubblici necessiterebbero di alcune deroghe. Ma quali?
Di recente, l’Istat ha affermato che un aumento dell’IVA ridurrebbe il Pil limitatamente dello 0,2% e, contemporaneamente, la Banca d’Italia ha detto che, se lo spread aumentasse di 100 punti, il Pil perderebbe lo 0,7% nei prossimi tre anni. In poche parole, un aumento dell’IVA sarebbe meno deleterio di quello ulteriore dello spread, il quale porterebbe il debito pubblico al 3,4%. In ultimo, Confindustria ha asserito che un possibile aumento dell’IVA sarebbe ben sopportato dal settore manifatturiero.