Servono 23 miliardi di euro per scongiurare l’aumento dell’IVA nel prossimo anno. Il prossimo governo riuscirà nell’impresa? Sarà un governo di transizione o uno votato dai cittadini italiani, così come vorrebbe Matteo Salvini?
Intanto, se dovessero scattare le clausole di salvaguardia, l’Imposta sul valore aggiunto, la regina delle tasse italiane, passerà dall’attuale 22 al 25%. Cifre alla mano, dai 140 miliardi di euro previsti nel 2019 si andrà agli oltre 164 miliardi nel 2020. Quindi, il balzello sui consumi passerà del 27% al 30% del totale del gettito tributario.
Secondo il Centro Studi di Unimpresa, autore di questa previsione, nel 2016 l’IVA rappresentava “soltanto” il 25% del gettito fiscale complessivo, per un ammontare complessivo di 124 miliardi di euro. Con le clausole di salvaguardia attivate, la già debilitata economia italiana rischia di esaurire le ultime energie che le sono rimaste. Non ci sarebbe bisogno di rimarcare cosa significherebbe l’aumento dell’IVA: effetti diretti su prezzi finali di prodotti e servizi e consumi in discesa libera.
Senza le necessarie coperture finanziarie, nel 2020 il gettito dell’IVA si attesterebbe intorno ai 164 miliardi di euro; l’aliquota salirebbe al 25,2% e l’imposta rappresenterebbe il 30,64% del gettito complessivo (535,2 miliardi di euro).
L’unico modo per non far pesare eccessivamente sui cittadini il carico fiscale sui consumi sarebbe quello di offrirgli maggiore potere d’acquisto attraverso la riduzioni del prelievo sui redditi da lavoro. Se non si procede con tagli all’Irpef, l’aumento dell’IVA avrebbe delle conseguenze devastanti. Allo stato attuale, non ci sono alternative valide, ma anche se ci fossero la crisi di governo impedisce all’esecutivo di vagliarle come dovrebbe. Tutto dipenderà da chi si troverà a guidare il governo ad ottobre, periodo in cui solitamente inizia la preparazione della legge di Bilancio.