Le banche europee saranno costrette a tagliare più di 60.000 posti di lavoro a causa del calo di redditività. Gli istituti di credito di Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Svizzera hanno risentito della Brexit, del rallentamento della crescita economica, dell’aumento delle normative e dei tassi di interesse negativi imposti dalla Banca Centrale Europea.
La forza lavoro nelle 10 maggiori banche europee è scesa a 1,1 milioni di persone, inferiore di un quinto dal 2008. Al contrario, l’occupazione nelle prime 10 banche statunitensi è calata di circa il 7%. Le istituzioni finanziarie in difficoltà sono per lo più composte da banche di investimento, le quali soffrono di cali delle entrate e perdite di quote di mercato rispetto ai concorrenti statunitensi.
Moody’s ha cambiato le sue previsioni per le banche globali da stabili a negative e ha affermato che a medio termine il divario di redditività tra le banche della zona euro e i peer globali si allargherà ulteriormente nonostante i licenziamenti di massa.
I tagli più drastici sono stati fatti dalla Deutsche Bank, con 18.000 perdite di posti di lavoro e la creazione di una nuova “bad bank” per smaltire 288 miliardi di euro di attività indesiderate, a seguito di un fallito tentativo di fusione con Commerzbank.
In Francia, la Société Générale ha tagliato 1.600 posti di lavoro nella sua divisione “titoli e trading”, che rappresenta circa l’8% della forza lavoro, come strategia per risparmiare 500 milioni di euro in costi annuali. BNP Paribas ha ridotto gli obiettivi finanziari citando “condizioni di mercato estreme” e sta cercando di tagliare 600 milioni di euro di costi.
Nel Regno Unito, il CEO ad interim della HSBC Noel Quinn sta formulando una strategia di riduzione dei costi che scatenerà migliaia di licenziamenti, mentre la nostrana UniCredit ha in programma di tagliare 8.000 posti di lavoro e 500 filiali per risparmiare 1 miliardo di euro.