La svedese Riksbank, la banca centrale più antica del mondo, ha aumentato il suo tasso di riferimento da -0,25% a zero. I tassi di interesse svedesi sono negativi da febbraio 2015 e la Riksbank è la prima banca centrale ad allontanarsi dai essi.
Molti sostengono che i tassi di interesse negativi rosicchiano i profitti delle banche poichè i finanziatori mantengono il denaro in deposito presso la loro banca centrale. Inoltre, creano disagio tra i consumatori e le imprese perché sono una misura di crisi.
In Svezia, in particolare, hanno contribuito ad una dilagante inflazione dei prezzi delle case. Tra il 2012 e il 2017, il prezzo medio di un appartamento è aumentato del 70%, mentre a Malmo, la terza città più grande del Paese, sono più che raddoppiati.
La Riksbank ha cercato di smorzare tale inflazione ponendo restrizioni sui mutui con un elevato rapporto prestito/valore e obbligando le banche a mettere da parte più capitale contro i loro prestiti ipotecari. Ciò ha solo avuto un effetto tardivo. I prezzi delle case sono stati corretti nel 2018, principalmente grazie al boom edilizio ma, a livello nazionale, sono ancora aumentati in media del 60% da quando la Riksbank ha portato i tassi di interesse al di sotto dello zero.
La domanda è: le altre banche centrali che perseguano la politica dei interesse negativi seguiranno l’esempio svedese?
La Danmarks Nationalbank (DNB), la banca centrale danese, è stata la prima a introdurre tassi di interesse negativi fino a luglio 2012. Nel 2014, portò per un breve periodo i tassi sopra lo zero, per poi riportarli nuovamente in territorio negativo quando, nel giugno 2014, la Banca Centrale Europea (BCE) ha imposto tassi negativi. La Banca Nazionale Svizzera (BNS) seguì l’esempio nel dicembre dello stesso anno.
La Riksbank ha giustificato tale politica con la situazione economica del Paese tornata “normale”, aggiungendo che il tasso è molto vicino al 2% del 2017.