La questione “valute digitali” continua a creare tensione tra banche centrali e società tecnologiche. Al recente World Economic Forum di Davos, i banchieri presenti cercavano di comprendere cosa potesse significare il futuro delle valute digitali per il ruolo tradizionale delle banche.
Libra di Facebook è una questione ancora aperta. Potrebbe espandersi enormemente in quelle parti del mondo dove le valute sono più deboli e gestite da banche centrali con potenza di fuoco limitata. L’idea che sta dietro a Libra è quella di rafforzare il modo tradizionale di Facebook di fare soldi, indirizzare maggiore traffico verso la piattaforma, estrarre i dati in modo più efficace e inserire annunci molto mirati.
La ragion d’essere delle banche centrali è leggermente più complessa; ecco perché sta rafforzandosi il consenso reciproco su un intervento immediato. Christine Lagarde, presidente della BCE, in una recente lettera inviata ai membri del Parlamento europeo, ha riconosciuto che le stablecoin come Libra vogliono mirare a superare le carenze nei pagamenti transfrontalieri e che diventeranno utili soltanto nel momento in cui i rischi ad esse associati vengano mitigati attraverso una regolamentazione e una supervisione efficaci.
Per questo motivo la BCE, insieme alla Banca d’Inghilterra e a quella del Giappone, vuole capire se ci sono i margini giusti per dare vita allo sviluppo delle proprie valute digitali. In caso di risposta affermativa, in un futuro non troppo lontano, i cittadini potranno mantenere le proprie criptovalute presso la banca centrale della regione o Paese d’appartenenza con l’identica modalità utilizzata dalle banche nazionali quando mantengono consistenti riserve presso quelle centrali.