Il Coronavirus è una minaccia per tutti i settori produttivi ma, rivela uno studio del Centro di Salute pubblica dell’Università di San Francisco, i lavoratori del settore alimentare sono quelli che hanno corso e corrono tutt’ora i rischi maggiori.
Lo studio, al momento in fase di revisione ma comunque già consultabile, ha preso in esame i decessi nella fascia d’età 18-55 ed è emerso proprio come chi lavora nel settore degli alimenti sia stato esposto a rischi maggiori di contagio rispetto ad altri settori produttivi. Lo studio si concentra sulla California, ma è facile immaginare che conducendo studi simili da noi, i risultati possano essere quantomeno molto vicini.
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Lo studio americano ha preso in esame i decessi dei lavoratori durante la cosiddetta prima ondata. A saltare agli occhi è, da subito, un aumento dei decessi rispetto agli anni precedenti del 22%. Entrando nel dettaglio, lo studio si è concentrato sulla diffusione della mortalità in base al lavoro ed è uscito fuori che i lavoratori del settore alimentare sono stati più esposti al Coronavirus. Nel settore dell’agricoltura si è avuto un incremento del 39%, in chi si occupa di logistica l’aumento è del 28%, del 27% per chi si occupa delle pulizie e del 23% per gli operai.
La maggior esposizione al virus e la maggior mortalità derivano, ovviamente, dal fatto che, in California come da noi, il settore della produzione alimentare non si è mai veramente fermato ed è una ulteriore riprova che le misure di contenimento degli spostamenti servono a fermare il contagio.
Dal punto di vista etnico, lo studio californiano ha scoperto che il Covid ha avuto effetti più marcati sulle minoranze etniche e sulle classi sociali più deboli.
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Gli autori hanno concluso il loro studio auspicando un piano vaccinale che tenga conto dei dati raccolti e sottolineano come sia necessario che tutti gli operatori, di qualunque settore, siano messi in grado di lavorare in assoluta sicurezza fornendo gratuitamente dispositivi di protezione.