La Cassazione ha riconosciuto la facoltà del Fisco di controllare un conto corrente senza autorizzazione se lo ritiene opportuno.
Con l’ordinanza n. 3242 del 10 febbraio 2021, la Corte di Cassazione ha riconosciuto al Fisco la possibilità di controllare senza autorizzazione i conti correnti. In particolare, come stabilito dall’articolo 32 del DPR 600/73, il Fisco potrà fare richiesta di una copia di tutti i rapporti avuti con le banche o gli operatori finanziari.
La Suprema Corte ha stabilito questo in seguito al caso di una controversia tra l’Agenzia delle Entrate e un contribuente. Il cittadino reputava improprie le prove delle indagini finanziarie e pretendeva lo scioglimento dell’avviso di accertamento.
La Cassazione ha quindi precisato che l’indagine bancaria portata avanti dall’Agenzia delle Entrate è legittima, anche se non comunicata al titolare del conto corrente. Per questo motivo, non vi è alcuna illegittimità nell’avviso di accertamento contestato.
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Non è la prima volta che la Corte di Cassazione si pronuncia su un caso del genere. Sono mesi, infatti, che il Fisco ha spostato la sua attenzione sui conti correnti. Il sopracitato articolo 32 del DPR 600 del 1973 stabilisce che i versamenti in contanti o i bonifici ricevuti dai cittadini creano la presunzione di reddito.
Quindi, l’Agenzia delle Entrate verifica se gli importi entrati siano riportati nella dichiarazione dei redditi annuali. Nel momento in cui dagli accertamenti risultino dei movimenti non dichiarati, parte l’avviso di accertamento.
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In queste circostanze l’Agenzia presuppone di avere a che fare con un evasore fiscale. Sta al contribuente trovare le prove che certifichino la provenienza del denaro. La cosa fondamentale è dimostrare che non si tratti di redditi in nero.