La tassa sui rifiuti scade il primo marzo e dovrà essere pagata malgrado i zero incassi causati dalle restrizioni. I commercianti di Napoli sono in rivolta.
La Tari – o tassa sui rifiuti – dovrà essere corrisposta nonostante gli incassi siano stati del tutto assenti a causa delle pesanti restrizioni varate per contenere la pandemia. La scadenza, dunque, rimane fissa al prima marzo.
Fipe Campania e Confcommercio Napoli dopo un sondaggio condotto tra gli associati, tutti pesantemente colpiti dalla crisi economica causata dall’emergenza sanitaria da Coronavirus, ha annunciato: “due terzi dei commercianti napoletani non pagherà l’imposta, perché non ha soldi in cassa“.
Gli incassi di bar e ristoranti sono più bassi anche dell’”80% rispetto al 2019“. Per il momento, le perdite non cesseranno. La Campania, infatti, è stata colpita da nuove restrizioni dopo l’ingresso in zona arancione. A partire da domenica scorsa, per la terza volta in meno di 12 mesi, i locali sono chiusi alla clientela.
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I servizi aperti al pubblico a Napoli sono circa 5 mila e ognuno di questi versa annualmente per la tassa sui rifiuti una cifra che cambia a seconda dalla grandezza del locale. Per i ristoranti più grandi e celebri supera anche i 25 mila euro.
Si parte dalla base di 16,9 centesimi a metro quadro per la quota fissa e di 20 euro e 9 centesimi per la quota variabile. Quest’ultima varia in base alla quantità di immondizia prodotta.
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Massimo Di Porzio, presidente di Fipe Campania, ha spiegato: “Un esercizio di 150 metri quadri versa circa 5500 euro, ma solo un terzo pagherà“. Nella sua dichiarazione ha poi aggiunto: “Purtroppo sono pochissimi gli imprenditori che hanno liquidità disponibile, dopo un anno di crolli di fatturato che vanno dal 60 all’80%“.