Dolce e Gabbana hanno deciso di aprire la sfilata della moda di Milano con una scelta inedita.
Per il nuovo capitolo di Dolce e Gabbana, che trae ispirazione dal mondo circostante, è stato scelto un robot umanoide, i-Cub, per aprire la sfilata di Milano Moda Donna. Gli stilisti si sono ispirati alla tecnologia intorno a noi e hanno dedicato questa nuova linea ai giovani e al loro approccio “libero” agli abiti. Infatti, oggi, “è un mondo di ragazzi senza preconcetti cui dobbiamo parlare, perché sono loro a dare nuova linfa“.
Osservando i ragazzi attraverso i social network, i due stilisti hanno puntato sullo spirito degli anni novanta e hanno capito che il sexy non è più legato al sesso ma in generale è vissuto con edonismo. La stessa ricerca è stata fatta sui corpi delle modelle per la sfilata. I corpi sono coperti di tatuaggi e i capelli sono arcobaleno nel tentativo di ricreare le facce del mondo di adesso, vere. Questo è il nuovo capitolo della maison: “la creatività è stata appiattita dal politically correct, il giudizio è stupido e ignorante, ma i giovani hanno un approccio libero nei confronti degli abiti, se gli piace lo sparkling non si chiedono ‘dove ci vado?’“.
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Questa collezione ripropone capi cult come il body di Naomi e di Madonna e il corsetto di Prince in Cream. Tornano le giarrettiere e le guepière, ma anche i maxi piumini leopardati e stampati, le magliette con su scritto ”90’s fashion’ e le tute aderentissime. E poi si parte con la sperimentazione, in nome della libertà e della tecnologia, con i pantaloni di raso di seta lucidi e pull e cardigan di lana tessuta con il cellophane. Oppure la giacca di lana e nylon incellophanata. Il tutto è completato con colori fluo e bagliori metallici.
“L’influenza del Covid c’è, proiettiamo sugli abiti ciò che siamo, divertimento e protezione vanno insieme“. Spuntano quindi le mascherine di plastica trasparenti e le ghette per coprire le scarpe.
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“L’intelligenza artificiale ci ha dato il la per questa collezione” spiegano gli stilisti che hanno collaborato con l’Istituto italiano di tecnologia. Questo ha fornito tre modelli di R1, un umanoide su ruote del 2016, e l’i-cub, di cui esistono solo una cinquantina di esemplari. “Dall’istituto ci hanno detto che non sono bambole, ma noi avevamo iniziato a parlare di tecnologia già tre anni fa con i droni in passerella. All’inizio sono state scintille, poi amore: noi ci siamo ispirati al loro mondo perché la ricerca è alla base di tutto.”