Un nuovo servizio per aiutare le vittime di Revenge Porn a denunciare.
Un gesto apparentemente innocuo, come può essere quello di scattare una foto che ci ritrae in atteggiamenti intimi con una persona che amiamo, o con cui comunque abbiamo instaurato un legame erotico.
Un modo come un altro per mettersi un po’ in mostra, anche solo per il piacere di rivedersi in foto o in video.
Fino al momento in cui questi scatti non vengono pubblicati per vendetta.
Tutti facciamo l’amore, tutti abbiamo le nostre perversioni, eppure soltanto chi finisce in video deve vergognarsene di fronte al resto del mondo.
Se si ha la fortuna di essere un uomo, se ne può anche uscire indenni. Alla fine gli altri vedranno in quelle foto o filmati, una semplice prova della virilità del protagonista.
Se invece si ha la sfortuna di essere donne, nella migliore delle ipotesi ci vorrà una vita intera per togliersi di dosso l’etichetta di depravata, poco di buono, perversa.
Nella peggiore, si resterà per sempre “sporchi”, qualcuno da cui stare alla larga e a cui mai affidare i propri bambini.
Lo sa bene Tiziana Cantone, che dopo la pubblicazione di un suo video intimo ha perso tutto quello che aveva, fino al giorno in cui ha deciso che il dolore era insopportabile.
Come se, insieme a lei, in quel filmato che le ha distrutto l’esistenza, ci fosse uno sconosciuto adocchiato in un bar (C’è qualcosa di male in questo? No, ma così vuole la vulgata perbenista) e non il suo fidanzato.
Tiziana Cantone non ha retto, si è suicidata un anno dopo. Nessuno riusciva più a guardarla come prima. Non era più Tiziana.
Era diventata una pornostar improvvisata dalle inaccettabili e immorali perversioni.
Questo è il Revenge Porn.
Ma non è questa la sede per elencare le infinite ipocrisie di una popolazione laica che continua a decidere di assorbire soltanto il peggio della cultura cattolica a riguardo.
Per fortuna, il mondo cambia nel bene o nel male, e seppur con fatica, i tempi di gestazione di normative adeguate che proteggano le vittime da questi ricatti, sono molto più brevi che in passato.
Un passo importante è stato ad esempio fatto con l’approvazione della legge 69/2009, anche chiamata “Codice Rosso” che ha introdotto la pornovendetta come reato penale punibile da 1 a 6 anni di reclusione e con la multa da 5000 a 15000 euro.
E con un progetto che trova il suo simbolico inizio nella giornata internazionale per i diritti delle donne, il Garante della Privacy ha attivato un nuovo servizio per aiutare le vittime di questo terribile fenomeno.
Dall’8 marzo infatti è attivo sul sito del Garante un form per poter denunciare questo reato anonimamente. Tutti i maggiorenni che temono che una loro foto o video possa essere finita su un social network possono segnalare questo rischio, e le foto incriminate verranno cifrate, rese irriconoscibili e poi distrutte dal web.
Per fare ciò si deve compilare un form dal sito www.gpdp.it/temi/revengeporn e caricare il materiale che si teme possa essere diffuso. Questo è un importante passo in avanti nella lotta per la privacy sul web.
Non bisogna poi trascurare l’abnorme ruolo dei social media nel fomentare, istigare e diffondere questo reato.
Lo sa bene il Garante per la privacy che ha riconvertito in tempi non sospetti buona parte del proprio lavoro in funzione di questa nuova emergenza. L’Autorità per la protezione dei dati personali ha avvertito sin dall’inizio nei social una grande minaccia alla privacy, specialmente per i giovanissimi ed i minori, che sono più soggetti ad un utilizzo inconsapevole della tecnologia.
Per fronteggiare tale rischio sono state inaugurate numerose iniziative di formazione ed educazione all’utilizzo dei social e delle piattaforme similari.
La prevenzione è importante specialmente per le potenziali vittime, che dando il loro assenso ad un gesto apparentemente innocuo come farsi scattare una foto in intimità, possono veder rovinata la propria reputazione e la propria vita.
Il fenomeno del revenge porn è in forte espansione e mai come adesso le sue vittime hanno bisogno di aiuto e protezione.
Lo ha spiegato di recente anche Ginevra Carrina Feroni, vicepresidente del Garante per la privacy e per la protezione dei dati personali. La pratica di diffondere per mezzo di Internet foto e video in intimità è una condotta criminale solitamente portata avanti da ex partner. Lo scopo è evidente: condannare la vittima alla gogna mediatica, inducendole gravissimi danni psicologici e professionali.
Una vendetta che molto spesso genera estreme conseguenze: la vittima della pornovendetta, incapace di affrontare la vergogna dell’esposizione al pubblico ludibrio, finisce con il togliersi la vita, incapace di sopportare il giudizio della comunità.
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Che poi la stragrande maggioranza delle vittime siano donne, sembra quasi superfluo da annotare.