Slow Food, i nuovi presidi per sostenere il made in Italy

Prosegue la tutela dello Slow Food made in Italy: ai 334 prodotti già protetti se ne aggiungono altri 8 di cinque regioni.

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L’emergenza sanitaria Covid ha messo in ginocchio il mondo dell’enogastronomia italiana. Il perpetrarsi delle restrizioni per contenere il diffondersi del contagio, ha causato la perdita di ingenti somme di denaro per i ristoratori e gli addetti del settore.

In un contesto così negativo le filiere dei prodotti riescono comunque a resistere. A riferirlo Carlin Petrini, esperto di Slow Food, che monitora costantemente i Presidi. Con questi ultimi si intende una Comunità che si impegna ogni giorno per tutelare dall’estinzione alcune varietà prettamente italiane di ortaggi e di frutta, pani, formaggi, salumi e dolci tradizionali.

Questi prodotti sono una minoranza se confrontati a quelli della grande distribuzione organizzata. Tuttavia, sono l’emblema dell’eccellenza culinaria di ogni regione italiana. Sensibili a questo tema sono tutti gli appassionati di cucina, gli chef – in senso esteso tutti gli addetti ai lavori.

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Slow Food, I numeri della filiera

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Petrini già a partire dalla metà degli anni ’90 – quando Slow Food era ancora agli albori – capì l’importanza e il bisogno di attivarsi per salvaguardare la biodiversità alimentare. Un obiettivo perseguito registrando tutti i prodotti a rischio estinzione e creando un catalogo virtuale, l’Arca del Gusto.

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Il risultato è stato sensazionale. A fine 2020 erano attivi ben 614 Presidi in 79 Stati perché l’idea di Petrini è stata accolta con successo anche all’estero. Ovviamente, più della metà degli alimenti appartengono al nostro Paese – 342 per essere precisi. La lista, in ordine alfabetico, si apre con l’Acqua di fiori di arancio amaro a Vallebona (Imperia) e si chiude con il Violino di Capra della Valchiavenna, uno dei più rari e deliziosi salumi italiani.

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