Fondazione Barilla lancia un progetto per un’alimentazione più sostenibile a partire dalla filiera produttiva. Il risultato diventerà anche un ricettario.
Per ridurre il consumo idrico, o impronta idrica, in Italia Fondazione Barilla ha lanciato un progetto per coinvolgere tutti i passaggi della produzione nella filiera agroalimentare. Ma anche scelte più consapevoli a tavola possono aiutare a ridurre l’utilizzo di acqua.
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Alimentazione sostenibile: il problema dell’acqua nascosta
Con il termine “acqua nascosta” si identifica tutta quell’acqua che è stata utilizzata per la produzione di un determinato prodotto. Ciascun cibo arrivi sulla nostra tavola, infatti, è stato prodotto a partire da alcune materie prime tra cui l’acqua. Per esempio, 1 kg di carne di manzo consuma 15.139 litri di acqua, 1 kg di legumi essiccati consuma 4.615 litri d’acqua, 1 kg di verdura fresca consuma 336 litri di acqua.
E’ chiaro quindi come anche ciò che si sceglie di portare a tavola ha un impatto a livello di consumo idrico. Maria Camilla Molino, Head of communications di Fondazione Barilla ha dichiarato “Quest’anno, la giornata mondiale dell’acqua un tema specifico: il valore diverso dell’acqua nella vita quotidiana di tutti noi, nella relazione con l’ambiente e la comunità. Acqua che, tuttavia, è minacciata da diversi fattori: la costante crescita della popolazione, la domanda dell’agricoltura, i cambiamenti climatici. Per questo, come Fondazione, vogliamo celebrare il valore dell’acqua cercando di dare risposte concrete alla sostenibilità alimentare e accompagnare le persone verso un agire consapevole e informato.”
Sempre Fondazione Barilla ha diffuso, con l’avvicinarsi della giornata mondiale dell’acqua prevista per il prossimo 22 marzo, i dati sul consumo idrico in Italia che passa per il cibo e l’alimentazione sostenibile: si tratta di 4000 litri d’acqua circa. Tradotto in esperienze concrete stiamo parlando di 33 docce.
Per far sì che a tavola gli italiani siano più consapevoli, Fondazione Barilla ha affidato a Riccardo Valentini, professore presso l’Università degli Studi della Tuscia, il progetto Su-Eatable Life. Il progetto sarà trasformato in realtà con un ricettario online nel quale saranno raccolte ricette sviluppate dal team del progetto del professor Valentini in collaborazione con chef e aziende di ristorazione che aderiranno al progetto.
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In questo modo sarà possibile avere nero su bianco l’impronta di carbonio e l’impronta idrica di ciascuna ricetta con una serie in più di suggerimenti e accortezze per rendere il pasto più sostenibile. in linea generale, il progetto Su-Eatable chiarisce che ci sono tre regole principali:
- Adottare una dieta ricca di verdura, legumi, frutta e cereali integrali per utilizzare ingredienti con una minor impronta idrica. Con una dieta sostenibile ricca di verdure, frutta e legumi si risparmiano fino a circa 2.000 litri d’acqua con ogni singolo pasto rispetto a un menù Che contenga la carne.
- Ridurre gli sprechi: ogni volta che buttiamo via del cibo stiamo buttando via anche tutte le risorse che sono state utilizzate per portarci quel cibo, acqua compresa.
- Bere molta acqua e soprattutto preferire quella del rubinetto piuttosto che quella in bottiglia. Sembra assurdo, infatti, ma una sola bottiglia da un litro e mezzo di acqua comprata consuma quasi altri 2 litri d’acqua che se ne va per i processi industriali, l’imballaggio è il trasporto.
Parlando proprio delle abitudini alimentari, il professor Valentini ha commentato che “mangiare sostenibile non significa per forza prepararci del cibo da ospedale. Bisogna fare un salto di qualità e creatività. è il ruolo dell’Italia in questo sistema Food potrebbe essere proprio quello dell’Innovazione del menù“. Sulla stessa lunghezza d’onda Marta Antonelli, direttrice della ricerca di fondazione Barilla: “Da diversi studi a livello europeo è morta una certezza: adottare una dieta sostenibile implica ridurre e l’impronta idrica del 40% a livello comunitario“.