Uno studio dell’Università di Amsterdam mette sotto accusa l’algoritmo di Amazon.
L’algoritmo di Amazon è di nuovo sotto accusa.
Dopo essere imputato come causa dei ritmi forzati che i drivers della multinazionale sono costretti a seguire, è ora considerato responsabile della divulgazione di teorie complottistiche no-vax.
Marc Tuters, assistente della cattedra di “Nuovi media e cultura digitale” all’Università di Amsterdam, ha condotto una ricerca in associazione con il progetto europeo infodemic.eu. Al sito di informazione buzzfeednews.com Tuters ha raccontato i risultati di uno studio incentrato sulla relazione tra l’algoritmo di ricerca di Amazon ed il proliferare delle teorie complottistiche sul Covid e no-vax.
E’ ormai acclarato come l’indicizzazione dei motori di ricerca influenzi il pubblico. Un posizionamento in cima ai risultati viene interpretato dall’utente come segno di maggior autorevolezza. Ad incrementare questo meccanismo ci sono i “ratings”, i punteggi degli utenti sul prodotto in vendita.
Lo studio di Tuters è iniziato semplicemente inserendo le parole Covid o vaccino. Immediatamente l’algoritmo ha elaborato la parola chiave ed in cima ai risultati sono apparsi i libri di David Icke.
David Icke promuove teorie cospirazioniste partendo dall’assunto che il Covid sia un virus prodotto dalle maggiori potenze globali per governare il mondo e sottomettere la popolazione ai propri interessi.
Questa teoria ha radici lontane. Negli anni ’70 la teoria dei rettiliani ha proliferato. Si trattava di un’ipotesi secondo la quale tutti i maggiori esponenti delle potenze politiche mondiali in realtà fossero dei rettili (dinosauri evoluti? alieni?) che in congressi massonici decidevano le sorti del pianeta.
Numerosi (ed inquietanti) video su youtube ancora oggi mostrano come i principali personaggi della scena politica mondiale portino nei loro occhi le tracce del loro essere “rettiliani”. David Icke è uno dei principali sostenitori di questa teoria.
Dall’inizio della pandemia è stata condivisa dalle maggiori aziende di informazione e di social una linea di “banning” dei contenuti no-vax o complottistici. Questa misura è stata necessaria a contenere ulteriore panico sul tema coronavirus. Molte aziende, quali Facebook, Google, Pinterest, e Twitter hanno seguito le indicazioni, mostrando in cima alla lista dei risultati di ricerca le fonti più autorevoli sul Covid.
Amazon non ha fatto lo stesso. Sebbene l’azienda si riservi la discrezionalità di bannare i contenuti ritenuti “non appropriati”, i libri che avallano teorie no-vax si trovano nelle posizioni più alte dei suggerimenti.
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Le ragioni sono evidentemente commerciali, ma i danni che possono conseguire sono sociali.
L’algoritmo questo non lo sa, ma le persone sì.