In una lettera indirizzata alla Commissione Europea, grandi nomi di multinazionali e aziende che utilizzano ogni giorno centinaia di migliaia di uova hanno chiesto che venga imposto il divieto su tutto il territorio dell’Unione Europea dell’allevamento in gabbia.
IKEA, Barilla, il Jamie Oliver Group e altri grandi del Food tra cui Nestlè e Unilever hanno firmato una lettera e si sono apertamente schierati contro gli allevamenti in gabbia, partendo dalle galline ovaiole.
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Secondo quanto scritto nella lettera indirizzata alla Commissione Europea da questo gruppo di grandi produttori del settore Food, l’allevamento delle galline in gabbia sul territorio dell’Unione Europea va gradualmente eliminato. Queste dieci aziende, tra cui la italiane Barilla e Ferrero insieme a Fattoria Roberto, esprimono in questo modo il loro sostegno all’iniziativa mossa da cittadini europei “End the Cage Age“, azione coordinata dalla Compassion in World Farming. Proprio a ottobre scorso, la petizione di Compassion in World Farming consegnata alla Commissione europea conteneva poco meno di un milione e quattrocentomila firme. All’iniziativa hanno partecipato 170 associazioni comprese diverse associazioni italiane.
Attualmente, su tutto il territorio europeo sono già più di 1000 le aziende, tra distributori, produttori e ristoranti, che hanno smesso di utilizzare uova provenienti da allevamento in gabbia o che si sono impegnati ad arrivare all’ eliminazione del rifornimento di uova da allevamento in gabbia entro il 2025. L’appello firmato e consegnata alla Commissione Europea ricorda anche tutta una serie di ricerche scientifiche che hanno potuto dimostrare quanto gli animali chiusi in gabbia soffrono, sottolineando allo stesso tempo come le aziende firmatarie abbiano già avviato percorsi per migliorare la qualità della vita delle galline ovaiole.
“I sistemi che si sono diffusi, economicamente sostenibili e offrono migliori condizioni di vita per le galline” questo quanto si legge nella lettera. In particolare, Leonardo Mirone, direttore acquisti materie prime del gruppo Barilla, ha così commentato la lettera “in tema di uova e ovoprodotti, il gruppo Barilla crede che il confinamento sia una pratica lesiva del Benessere delle galline abbiamo iniziato ad abbandonare le gabbie nel 2012 e dal 2019, con un anno di anticipo rispetto al nostro obiettivo iniziale, utilizziamo solo uova da allevamento non in gabbia in tutte le filiali globali“.
Dichiarazioni simili da Francesco Tramontin, Vice-president Group public policy centre and EU institutional affairs di Ferrero: “La nostra filiera di uova è completamente integrata e, grazie alla stretta collaborazione con i fornitori, Ferrero utilizza solo uova da allevamenti non in gabbia in Europa dal 2014. Crediamo che questo dovrebbe essere Lo standard per tutti“.
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Partendo dalla condizione delle galline ovaiole chiuso in gabbia, nella lettera si fa riferimento anche alla revisione delle leggi che riguardano proprio il benessere animale definendola “un’opportunità ideale per una base legale per eliminare l’uso di gabbie nell’allevamento animale nell’Unione Europea“.
Si tratta sicuramente di un passo nella giusta direzione, ma che deve tramutarsi in fatti concreti e non rimanere a livello di slogan. L’allevamento non in gabbia, infatti, non garantisce sempre un allevamento per cui gli animali hanno uno spazio dignitoso per vivere.