La situazione in Myanmar è più delicata che mai. Nei giorni scorsi la repressione e gli atti di violenza da parte delle forze militari hanno sconvolto gli abitanti della nazione del sudest asiatico e la comunità internazionale.
Quella del Myanmar è una situazione che preoccupa il mondo intero. Dal di colpo di stato militare dello scorso 1° febbraio la popolazione birmana ha organizzato una serie di manifestazioni, in gran parte non violente, ma i metodi dell’esercito sono diventati sempre più brutali. Secondo i dati forniti dall’Associazione di Assistenza ai Prigionieri Politici dall’inizio della repressione ad oggi sono stati uccisi oltre 500 manifestanti e oltre 2570 sono le persone arrestate.
Quel che più preoccupa il Crisis Response Evidence Lab di Amnesty International, e la comunità internazionale, è il modo di agire delle forze armate birmane che sembra ben pianificato con l’uso indiscriminato della violenza. I video delle uccisioni da parte dell’esercito hanno fatto il giro del mondo suscitando un generalizzato senso di indignazione e paura.
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Golpe in Myanmar: la vendita delle armi
Amnesty International Italia ha chiesto spiegazioni rispetto alla vendita delle armi in Myanmar all’azienda Cheddite Italy S.r.l. Nel dettaglio è stato ritrovato il bossolo di una cartuccia sparata dalla polizia locale contro un’ambulanza che trasportava feriti a Yangon.
Secondo quanto riportato dai giornali locali, sul bossolo in questione è stata rinvenuta la scritta ‘Cheddite’ a testimonianza della provenienza dello stesso. In seguito altre cartucce dello stesso tipo sono state ritrovate in altre zone del Paese.
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L’azienda Cheddite S.r.l. è iscritta dal 2014 al Registro del Ministero della Difesa per le imprese esportatrici di armamenti. L’organizzazione ha chiesto spiegazioni in particolare per quanto riguarda il lotto di ‘Produzione 1 luglio 2014 – Lotto 1410?807′ con il quale sono stati identificati i proiettili usati in Myanmar.