Alcune banche hanno iniziato a chiudere i conti superiori ai 100mila euro, sembra un suicidio eppure le ragioni ci sono tutte
L’Italia si sa, è un paese di risparmiatori: questo è un clichè che negli ultimi tempi ha fatto storcere il naso qualcuno. In effetti sembrerebbe emergere dalle statistiche un quadro generale diversificato a seconda di fasce di età e di reddito.
La pandemia da Covid ha infatti fatto emergere criticità e discrepanze di una vecchia Italia risparmiatrice in cui i giovani pagano il prezzo più alto, perlomeno in termini economici.
I dati hanno infatti mostrato come in Italia le persone comprese tra i 16 e i 29 anni stanno dando fondo, nell’ultimo periodo, a gran parte del loro risparmio, mentre il capitale che giace inutilizzato nei conti bancari è aumentato per tutte le altre fasce di età.
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Questa tendenza continua dall’inizio degli anni 2000 complice anche la crisi economica.
Ciò ha portato l’unione europea a creare misure per contrastare l’accumulazione passiva di capitale.
L’idea ovvia dietro questa volontà è che un capitale inutilizzato non può produrre nuova ricchezza, è tagliato in un certo senso fuori dall’economia reale e in questo modo tutto il sistema ne risente.
Per ovviare a questo problema la Banca Centrale Europea impone tassi negativi, ad oggi al -0,50%, sui capitali bancari che servono per investire le eccedenze di liquidità.
In questo modo si cerca di stimolare almeno le banche ad investire il denaro depositato.
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Tra le varie ragioni tecniche è utile precisare che vengono preferiti i conti sotto i 100 mila euro perché questi sono quelli che vengono tutelati al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi in caso di fallimento e salvataggio interno della banca da parte dei propri azionisti, il così detto bail in.