Il Garante per la Protezione dei Dati Personali si è espressa contro l’implementazione del sistema di riconoscimento facciale Sari Real Time da parte del Ministero dell’Interno.
La tecnologia di riconoscimento facciale Sari Real Time viola la normativa sulla privacy, questo il parere del Garante per la Protezione dei Dati Personali in merito alla tecnologia che il Ministero dell’Interno vorrebbe impiegare a fini di sicurezza.
Sari Real Time non è al momento attivo ma, nella teoria, si tratta di un sistema di riconoscimento facciale che, collegato a un database, è in grado di scansionare i volti delle persone in una determinata area e, in caso di corrispondenza di un volto con quelli presenti sul database, di inviare un alert alle forze dell’ordine.
Secondo il Garante per la Protezione dei Dati questo tipo di sorveglianza si configurerebbe come violazione della privacy.
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Il sistema funzionerebbe un po’ come le tecnologie che si vedono nei film: una serie di telecamere installate in un’area specifica e che scansionano le persone che inquadrano. Se le scansioni corrispondono a un elemento della “watch-list”, il sistema allerta le forze dell’ordine. Le immagini possono anche essere registrate, configurandosi quindi come videosorveglianza.
Il nocciolo della questione, secondo il Garante, è che il sistema utilizzato da Sari Real Time potrebbe trasformarsi da sistema di controllo per la ricerca di determinati soggetti a un controllo generalizzato e una sorveglianza universale.
Ogni individuo, come stabilito dal Garante per la Protezione dei Dati Personali e in linea con le direttive europee, ha diritto alla privacy e il sistema di rivelamento biometrico di Sari Real Time potrebbe facilmente trasformarsi in un sistema di controllo indiscriminato.
Nella comunicazione ufficiale del Garante leggiamo infatti: “È proprio a causa della loro forte interferenza con la vita privata delle persone che la normativa in materia di privacy stabilisce rigorose cautele per i trattamenti di dati biometrici e per particolari categorie di dati (ad esempio, quelli idonei a rivelare opinioni politiche, sindacali, religiose, orientamenti sessuali), i quali devono trovare giustificazione in una adeguata base normativa. Base normativa che non è stata rinvenuta nella documentazione fornita dal Ministero dell’interno.”
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Manca quindi, una base normativa che ponga limiti stretti all’utilizzo delle tecnologie biometriche. E, sempre a proposito della normativa mancante, il Garante suggerisce che “una base normativa adeguata dovrebbe tener conto di tutti i diritti e le libertà coinvolte e definire le situazioni in cui è possibile l’uso di tali sistemi, senza lasciare una discrezionalità ampia a chi lo utilizza”.