70 Mila negozi rischiano di chiudere in Italia a causa dell’esplosione del commercio on line

 

“Locale in vendita” o “chiusi per cessata attività” sono scritte che riempiono le vetrine fantasma delle città e firmano le drammatiche conseguenze economiche del Covid-19, che ha smaterializzato ancora di più i punti di vendita fisici. Sono 70mila le attività commerciali che, senza una decisa inversione di tendenza, potrebbero cessare definitivamente nel 2021.

Ogni cambiamento, segna anche spostamenti di valori e di interessi economi. In questo senso il contesto pandemico infatti, per questioni logistiche, ha avvantaggiato le attività di e-commerce. Nel contesto attuale anche le quote di mercato si sono spostate a vantaggio dell’on-line.

L’analisi di Confesercenti, importante Associazione di imprese del Paese a tutela dei consumatori, spiega il quadro attuale: gli acquisti presso la grande distribuzione e le piccole superfici si sono ridotti, rispettivamente, del 3,8 e del 10,7%, mentre le vendite sul canale on-line sono aumentate del 37,2%. La terza ondata ha piegato una condizione già critica per la vendita tradizionale nel solco di un’evoluzione registrata fin da marzo 2020.

Le fasce maggiormente a rischio sono le 35 mila attività commerciali collocate dento i centri commerciali e gallerie. La precarietà contestuale si aggrava nel caso specifico nel previsto obbligo di chiusura nel weekend di questi siti commerciali, nonostante proprio il fine settimana rappresenta il 40% delle vendite.

Leggi anche: Covid, cambia il modo di fare la spesa degli italiani. Supermercati in crisi

Un divieto – puntualizza Confesercenti – che ignora gli alti standard di sicurezza, dall’areazione al controllo degli ingressi, disposti da centri e gallerie e che genera una perdita di almeno 1,5 miliardi di euro per ogni weekend, in buona parte a vantaggio del canale di distribuzione online

Gestione cookie