Il 21 aprile arriverà sulla piattaforma Netflix “Zero”, una serie girata durante il lockdown sulle periferie milanesi.
Della città di Milano è noto il centro, con la fua frenesia, la borsa e l’alta moda. Ma Milano è forse tra le città italiane quella che più si avvicina allo standard delle metropoli europee, con il suo sconfinato interland.
Ed è proprio in una di queste periferie che è stato girato “Zero”, la nuova serie di Netflix. Le tematiche affrontate da regia e produzione sono tante e complesse. L’integrazione razziale, la condizione delle periferie, il lavoro logorante dei riders.
Da questi presupposti le 8 puntate programmate della serie potrebbero avere un seguito, data la densità di argomenti sviluppabili.
Antonio Dikele Distefano è il regista e coautore della serie: “Zero è l’occasione per riflettere: l’integrazione in grandi città come Milano è un’idea superata perché noi siamo nati qui e parliamo con l’accento milanese.”
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La storia di Omar, immigrato di seconda generazione, si affaccia sulla periferia milanese. Nella narrazione il quartiere è chiamato Barrio, ma in realtà è la Barona. Omar è un ragazzo che vive e lavora a Milano come rider. La contrapposizione tra la periferia ed il centro sorico della città fa da scenario a tutta la vicenda. Omar si sente invisibile: come rider, come figlio e come amico. Ma ad un certo punto diventa invisibile davvero, e con questo potere tenta di salvare il quartiere da cui voleva fuggire.
“Un eroe moderno” lo ha definito il regista. “Prima di scrivere la serie abbiamo frequentato a lungo la Barona che come periferia è senz’altro molto più vivibile di altre, parlando con i ragazzi che ci abitano per conoscere le loro idee: questo confronto ha trasformato profondamente la stesura di Zero soprattutto sull’idea di essere degli invisibili. Mentre invece la Milano del centro dove si muove Omar da rider è quella che conosciamo, frenetica, del periodo pre-Covid”.
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Il 21 aprile ci sarà il debutto di “Zero” su Netflix.