Federbio annuncia con soddisfazione l’incremento del consumo dei prodotti biologici in Italia. Ma la strada per un reale cambiamento è lunga.
Si è parlato della transizione biologica tanto agognata da Federbio. L’associazione ha rivolto un appello alle istituzioni per l’inserimento del piano per la conversione al biologico nel PNRR.
Ora è la volta di rivolgersi ai consumatori. In un comunicato stampa Federbio annuncia con soddisfazione gli ultimi dati trimestrali sul consumo di alimenti biologici. Lo scorso 2020, nel bimestre marzo-aprile, si era registrato un incremento degli acquisti bio del 20%. Questi dati sono stati confermati nelle statistiche del primo trimestre 2021.
Si può affermare che l’aumento del consumo del biologico si sia stabilizzato, anche grazie al commercio online, che dal 2020 è incrementato del 79% rispetto all’anno precedente.
Anche se siamo sulla buona strada, secondo Federbio in Italia c’è ancora molto lavoro da fare. Nel comunicato stampa del 27 aprile l’associazione mette in luce come il belpaese sia incastrato in una contraddizione: “l’Italia vanta una delle maggiori quote nazionali di superficie agricola utilizzata a biologico in Europa, con un 15,8%, ma la spesa pro capite (pre-Covid) è di 60 euro all’anno, contro i 144 in Germania, 174 in Francia, 338 in Svizzera e 344 in Danimarca (dati Fibl & Ifoam, 2021). Questo, nonostante il nostro sia il primo paese in Europa e secondo al mondo nell’esportazione di prodotti biologici, con oltre 2,6 miliardi di euro, circa il 6% di tutto l’export agroalimentare nazionale.”
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Le considerazioni di Federbio sull’arretratezza del consumo del biologico in Italia merita una riflessione, che non può prescindere dalla fonte dell’alimento bio, la produzione. Si è già parlato di come in Italia sia oneroso ottenere una certificazione biologica nell’agricoltura, sia in termini burocratici che economici.
“Tale onere si riverbera su produttori, trasformatori e distributori, fino al prezzo finale: virtuosi e tassati, insomma.” Virtuosi e tassati. Non è certamente il momento storico adatto per richiedere al consumatore finale, ultimo tassello di una lunga filiera, di spendere di più per incrementare la circolazione di prodotti bio.
Non ha senso chiedere al consumatore finale dei cambiamenti negli acquisti in una prospettiva di sostenibilità se non gli si dà la possibilità di farlo.
Il mercato del biologico per il momento rimane ad appannaggio della fascia medio-alta della popolazione, che si può garantire un approvvigionamento di prodotti salubri e di buona qualità.
Per la società attuale curare la propria salute ed il proprio stile di vita (di cui l’alimentazione è una parte fondamentale) è un dovere, ma non un diritto. Le indicazioni della comunità europea, attraverso le voci delle associazioni, si stanno muovendo proprio nell’ottica di rendere più democratico l’accesso ai prodotti biologici.
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“La strategia ‘Farm to fork’ prevede che tutti gli europei possano contare su alimenti sani, economicamente accessibili e sostenibili”.