La Corte di Cassazione si oppone al licenziamento d’ufficio di un lavoratore in età pensionabile. Le motivazioni.
Si parla molto ultimamente di pensioni. La scadenza prossima della Quota 100 rende caldo il tema previdenziale. In molti stanno incrociando le dita per poter ottenere una pensione anticipata anche nel 2022, ma non tutti.
La pensione anticipata è sicuramente un bel vantaggio per la qualità di vita, ma non necessariamente per il portafogli. Chi va in pensione in anticipo, in taluni casi, rinuncia volontariamente ad ottenere il massimo di contribuzione che equivale all’importo massimo possibile di pensione. Ma questa è una decisione autonoma del lavoratore.
Su questo tema ruota la recente sentenza della Corte di Cassazione, che si è espressa su una controversa questione che riguarda il sistema previdenziale.
Un lavoratore del settore autotrasporti compie il 60 anni di età. Per legge (dlgs n. 414/1996) i dipendenti del settore trasporti posseggono la facoltà di richiedere la pensione anticipata, con 5 anni di vantaggio sugli altri settori.
L’azienda proprietaria decide il licenziamento d’ufficio per il 60enne che aveva maturato i requisiti per la pensione anticipata, senza che egli ne avesse fatto richiesta. In questo modo il dipendente sarebbe andato in pensione a 62 anni anzichè a 67.
L’interessato ha espresso la propria volontà di rimanere in servizio fino all’età massima consentita dalla legge, al fine di ottenere una maggior capacità previdenziale. L’azienda ha rifiutato la richiesta ribattendo che con il diritto alla pensione anticipata l’impresa fosse libera di interrompere il rapporto di lavoro quando meglio credeva.
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La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, il 23 aprile 2021, si è schierata dalla parte del lavoratore, motivando così la propria scelta: “Non sarebbe ragionevole che il lavoratore, per il solo fatto di trovarsi nella situazione di poter richiedere l’attribuzione di un pensionamento anticipato, si trovi a perdere la stabilità del posto di lavoro al compimento del sessantesimo anno di età e possa, quindi, essere privato della facoltà di continuare a lavorare per raggiungere l’anzianità contributiva massima utile o per incrementarla ulteriormente, come invece consentito a colui che ha lavorato per un tempo minore“.
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Quindi, tirando le somme, la pensione anticipata è un diritto, non un dovere per il lavoratore. Questa sentenza diverrà senza dubbio un precedente giuridico per altre dispute sullo stesso tema.