La didattica a distanza ha rimodulato molti aspetti dell’insegnamento. Tra questi la presenza virtuale mediata dallo schermo.
Nel campo dell’istruzione, come anche in quello professionale, la relazione a distanza è stata una sperimentazione dell’ultimo anno.
Ci si è molto focalizzati sulla qualità dell’insegnamento al livello di analisi didattica. Uno studio di psicologi riporta l’attenzione sulla modalità relazionale mutata dalla Dad.
In particolare, lo studio, riportato su psiconline.it, è centrato sulla rappresentazione del sé mediato dalla telecamera. La ricerca ha coinvolto 312 studenti universitari, ai quali è stato chiesto di partecipare alle riunioni on line (su piattaforma Zoom) con il proprio docente.
Non sono state date esplicite indicazioni sull’utilizzo o meno della telecamera accesa, per lasciare l’autonomia di scelta al singolo studente e trarre da ciò i dati desiderati.
Molti studenti (non sono stati pubblicati i numeri) hanno deciso di lasciare spenta la propria telecamera. Al termine dell’esposizione alla ricerca, gli studenti hanno dovuto rispondere ad alcune domande.
Dalle interviste sono emerse le risposte più frequenti che motivano la decisione di lasciare la telecamera off durante la lezione universitaria:
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Dalle risposte al questionario appare evidente che le cause della telecamera spenta sono imputabili a fattori psicologici di disagio nel proprio ambiente privato ed aspetto fisico. La casa, o la propria stanza, spesso forniscono informazioni che il soggetto non vuole far rientrare nella rappresentazione del sé che intendono portare in pubblico.
In più, l’utilizzo della telecamera, e la possibilità di monitorare “il modo in cui gli altri ci vedono” attraverso il feedback visivo, può creare disagio ed imbarazzo, ed essere fonte di distrazione.
I docenti sostengono che questa pratica off sia dannosa per la buona riuscita della didattica. Il sito psiconline.it suggerisce una strategia per limitare questa consuetudine poco costruttiva.
Il consiglio degli psicologi è di preannunciare agli studenti la modalità visiva “on”. “Ipotizziamo che se gli studenti si aspettano di accendere le loro telecamere, molto probabilmente prepareranno il loro aspetto in un modo che allevi le loro preoccupazioni individuali sull’essere visti.“
Questa senza dubbio può essere una soluzione, ma a parere di chi scrive, il problema dell’autorappresentazione in rete è molto più complesso. Osservare se stesso su uno schermo posiziona l’individuo alla stregua degli ideali pubblicizzati online, e quindi lo mette in immediato paragone con essi.
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Alleggerire le attese sul proprio aspetto fisico è un’operazione complicata che deve passare necessariamente attraverso una sensibilizzazione culturale.