Occupazione femminile: ci sono quattro regioni italiane a detenere il triste primato con dati preoccupanti nel settore lavoro nel 2020.
Numeri preoccupanti per l’Italia per quel che riguarda l’occupazione femminile, con il nostro paese che perde terreno nel catastrofico 2020. Che si conferma anno nero per il lavoro in generale. Sono quattro le regioni del Sud che si distinguono in negativo in questa classifica che purtroppo ci vede primeggiare in Europa. Le regioni che si distinguono in particolar modo sono la Campania con l’occupazione al 28,7% seguita dalla Calabria con il 29% e dalla Sicilia con il 29,3%.
Ma i numeri sono negativi anche per la Puglia che riesce a far registrare il 32,8%. I dati del mondo del lavoro femminile nell’anno caratterizzato dalla pandemia da Coronavirus sono scesi dell’1,1%, un calo fisiologico dovuto alle restrizioni ed ai lockdown che hanno ingessato l’economia.
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A dare particolari preoccupazioni sono i dati della Campania che con il 28,7% occupa il fondo della graduatoria insieme alla regione turca di Ankara. Il raffronto con un paese come la Germania è abissale e crudele, con questo paese che tocca il 73,1% di occupazione femminile e punte del 78%.
L’Italia fa registrare numeri critici in quanto ad occupazione femminile, con una disparità territoriale che fa emergere situazioni difficili. Mentre però le quattro regioni fanalino di coda fanno emergere dati bassissimi, c’è per esempio da considerare l’eccezione dell’Emilia Romagna che si nota con un positivo 62%.
In ogni caso in Europa c’è solo una regione che riesce a fare meglio della Campania e di Ankara: parliamo della Mayotte francese, che si ferma al 23,9%. Il divario con l’occupazione maschile nel nostro paese resta alto, con numeri che certificano ancora la pesante disparità di trattamento sui luoghi di lavoro.
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Un ulteriore e significativo dato è quello della fascia età che va dai 25 ai 44 anni sia per gli uomini che per le donne. Se nel primo caso infatti si tocca un 48,8% (media europea 79,8%), per le donne la percentuale è del 34,1% contro una media europea del 74,1%.