Rete contro l’odio contrasta i fenomeni di avversione ma anche di disinformazione. Interviene alla Commissione di Giustizia sul Ddl Zan.
Il Ddl Zan vuole penalizzare l’istigazione al crimine verso soggetti discriminati per orientamento sessuale o disabilità. Questo disegno di legge spacca non solo le rappresentanze parlamentari, ma anche l’opinione pubblica.
Alla base dei contrasti c’è l’opinione diffusa che se passasse, il Ddl Zan si tradurrebbe in un atto di censura alla libera espressione. Questi dubbi sono effetto di una disinformazione.
Se l’Italia, come tutti i paesi democratici, promuove la cultura dell’inclusione, allora deve necessariamente penalizzare l’esclusione. E’ fondamentale partire dal linguaggio, spesso considerato più innocuo di quanto esso sia in realtà. La parola può fomentare l’odio ed essere correa di un atto criminale.
Per questo Federico Faloppa, docente di linguistica presso l’Università di Reading (UK), è intervenuto alla Commissione Giustizia del Senato per parlare del Ddl Zan e chiarire alcuni punti fondamentali sull’uso del linguaggio discriminatorio, in veste di Coordinatore della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio.
Secondo Faloppa, gli intenti del Ddl Zan sono chiari fin dal titolo “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
Non dovrebbero esserci molte ambiguità che lascino spazio ad interpretazioni erronee, ma le polemiche che il disegno di legge ha suscitato, suggeriscono la necessità di ulteriori chiarimenti.
Di seguito si riporta parte dell’intervento di Federico Faloppa alla Commissione di Giustizia del Senato
D: Qualcuno si è chiesto perché si menzionino solo alcuni “motivi”, e non altri
R: “La risposta è semplice. Perché il codice penale già prevede “motivi” di razza, etnia, nazionalità, religione (articoli 604-bis e ter)”.
D: Il Ddl Zan limita la libertà di espressione?
“Il Ddl Zan intende contrastare atti discriminatori e violenti. Riguarda l’istigazione, ovvero viene punita la parola solo quando questa istighi a commettere atti violenti. La libertà di espressione viene pienamente tutelata. Si potrà continuare a dire tutto ciò che si vorrà sulle donne, sulle persone LGBTI, sulle persone con disabilità: salvo che ciò non si traduca in atti discriminatori o violenti.”
D: Chi dice che si tratterebbe di una legge bavaglio dice il falso?
R: “La legge punisce le aggressioni o i discorsi d’odio solo quando questi istighino un’aggressione e tale aggressione costituisca un pericolo concreto, determinato dal discorso d’odio. Detto altrimenti: la parola è punita solo quando istighi al concreto compimento di un crimine con un nesso chiaro e imprescindibile.”
Punire un’espressione verbale che conduca ad atti di violenza non è paragonabile a censura. Nella legislazione italiana un atto o parola è rilevante solo nella misura degli effetti che riesce a produrre. E questa è la base della tutela sociale.
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Per completezza di informazione si riporta il link al testo integrale dell’intervento di Federico Faloppa alla Commissione di giustizia del Senato: https://www.retecontrolodio.org/2021/05/28/cosa-prevede-il-ddl-zan/