Acqua bene comune, Movimento consumatori intervista Paolo Carsetti in occasione del decennale del referendum

Paolo Carsetti racconta a Movimento Consumatori come i risultati referendari del 2011 sono stati disattesi dalla prassi governativa

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(pixabay)

Non è stato un ’68. Non sono stati i movimenti contro il Vietnam nè la primavera di Praga. Ma è stato qualcosa.

La schiacciante vittoria del sì al referendum sull’acqua bene comune, nel 2011, ha nuovamente conferito speranza a chi si era ormai arreso ad un vivere sociale condotto dall’individualismo più sfrenato.

La riaffermazione dell’acqua come bene collettivo, non soggetto a privatizzazioni, ha fatto nascere dei movimenti di rivendicazione dei beni fondamentali come patrimonio da restituire alla collettività.

Dopo 10 anni dal referendum, si tirano le somme. Movimento consumatori, in un comunicato stampa del 4 giugno 2021, riporta l’intervista fatta dall’associazione a Paolo Carsetti, segretario del Forum Italiano del Movimento per l’acqua.

L’esito referendario è stato prima disconosciuto, poi disatteso e infine contrastato fattivamente mediante il rilancio e lo stimolo dei processi di privatizzazione. Una grossa delusione per chi, 10 anni fa, credeva che un nuovo corso potesse aver inizio.

Paolo Carsetti spiega le strategie della classe politica per aggirare i risultati referendari.

“La strategia utilizzata oggi è ben più subdola di quella sconfitta dal referendum, ovvero non si obbliga più alla privatizzazione, ma si favoriscono i processi che puntano a raggiungere il medesimo obiettivo attraverso la promozione di operazioni di fusione e aggregazione tra aziende

La privatizzazione a tutti i costi si inserisce in un modello neoliberista che Carsetti ritiene fallimentare. Le istituzioni hanno prediletto avvantaggiare gli interessi delle lobby economico finanziarie piuttosto che incrementare il diritto della cittadinanza ad avere accesso libero ai beni comuni.

Per bene comune si intende il bene pubblico che può essere direttamente esperito dalla popolazione. Vi rientrano: le risorse naturali (fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque); l’aria; i parchi; la fauna selvatica e la flora tutelata; le altre zone paesaggistiche tutelate; i beni archeologici, culturali, ambientali; etc.

Le pianificazioni governative dell’immediato futuro mostrano chiaramente la linea istituzionale privilegiata, che antepone gli interessi del profitto privato al bene pubblico.

Il neoliberismo non funziona. La direzione governativa si spinge sempre più verso un orizzonte di sottrazione dei beni fondamentali al collettivo, ad appannaggio del privato. Cosa fare? Secondo il segretario del Movimento per l’acqua ci sarebbe un’alternativa.

La pandemia ha messo in luce le falle del sistema. “Proprio per questo si apre, almeno potenzialmente, uno spazio di iniziativa importante per rilanciare la centralità dell’acqua, dei beni comuni e dei diritti fondamentali ad essi collegati, a partire da quelli essenziali per la vita. Tutto ciò è esattamente in continuità con il percorso del movimento per l’acqua e, dunque, vorremmo connetterci con gli altri soggetti e movimenti, su basi nuove, facendo vivere e rafforzando un pensiero e un’iniziativa che rimetta al centro l’irriducibilità e la non negoziabilità dei beni comuni rispetto alle logiche del profitto e del mercato.”

Il 12 e 13 giugno, in occasione del decennale refferendario, prende il via una mobilitazione generale, che non guarda al passato, ma si pone fattivamente in una prospettiva alternativa alla privatizzazione dei beni comuni.

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A questo link l’intervista integrale a Paolo Carsetti.

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