L’acquacolutura e la pesca hanno azzerato la biodiversità dei molluschi in Cina
L’interrelazione tra essere umano ed ambiente è una condizione naturale ed imprescindibile per la vita del pianeta. Nonostante l’uomo si consideri la specie d’elezione, il rapporto che egli instaura con il mondo naturale incide fortemente sulla propria vita. Lo dicono gli scenziati, lo dicono i filosofi orientali.
Uno studio dell’Istituto reale olandese per la ricerca marina, pubblicato su Diversity and Distributions, ha analizzato 21 campioni di siti presenti sulla costa cinese, alla ricerca della fauna locale. La scoperta che ne è conseguita è di gran lunga peggiore delle aspettative più infauste.
Il censimento sui bivalvi (molluschi), ha riportato la presenza quasi escusiva di una sola specie, la vongola Potamocorbula laevis, che rappresenta il 95% delle varietà presenti. L’origine di questo depauperamento della biodiversità nelle coste cinesi è riconducibile all’acquacoltura ed alla pesca.
L’incremento di queste attività, lungi dall’avere una portata di autoconsumo, ha creato uno squilibrio ambientale con conseguenze difficilmente prevedibili.
Ciò che si sa, è che la monocoltura inaridisce flora e fauna presenti. Nel caso dei molluschi, l’esponenziale incremento delle vongole è stato causato anche dalla sparizione dei nemici naturali, quali i gamberetti, che passano direttamente dalla nascita alla tavola dei consumatori.
Secondo i ricercatori, l’impatto ambientale della monocultura è un tema che dovrebbe essere approfondito dalle aziende ittiche. I risultati delle indagini sulla biodiversità dovrebbero tradursi in strategie imprenditoriali future. Ma il mercato globalizzato non tiene conto della biodiversità naturale, finchè essa non deciderà di ribellarsi e riprendersi gli spazi che le sono dovuti.
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