Istat, dal 2020 torna a crescere la povertà assoluta in Italia

Nel 2020 si è registrato il più alto livello di povertà dal 2005. L’Istat tira le somme sugli effetti della pandemia

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(pixabay)

La povertà in Italia sembrava un concetto agli occhi dei più superato dagli anni ’60. Al contrario, il fenomeno di impoverimento della popolazione è risultato visibile sin dal 2008, anno in cui è entrato nel linguaggio comune il concetto economico di spread.

Il 2019 aveva registrato un miglioramento delle condizioni economiche, ma l’avvento della pandemia ha spazzato via qualunque statistica favorevole.

L’Istat, in un comunicato stampa del 16 giugno, riporta le cifre relative alle conseguenze economiche del Covid.

Nel parlare di povertà, l’ente fornisce dati secondo due voci differenti: povertà relativa e povertà assoluta.

Queste due voci corrispondono a concetti economici. La povertà assoluta è la difficoltà a reperire beni necessari alla sussistenza ed a uno stile di vita dignitoso.

La povertà relativa si riferisce al disagio economico dovuto ad uno scarso accaparramento di beni e servizi, condizione inferiore alla media della nazione di riferimento.

A partire da questi principi l’Istat comunica che nel 2020 più di due milioni di famiglie e oltre 5,6 milioni di individui versano in condizione di povertà assoluta. Questi numeri corrispondono al 7,7% del totale. Nel 2019 la povertà assoluta si attestava al 6,4%.

La povertà relativa riguarda oltre 2,6 milioni di famiglie, corrispondenti al 10,1% del totale. Nel 2019 erano l’11,4%.

Quindi dai dati emerge che la povertà relativa, cioè la possibilità di usufruire di beni e servizi è diminuita.

Al contrario è cresciuto il numero di persone che vivono sotto il livello della sussistenza. Ci si augura che le politiche sociali tengano conto di questi dati nella determinazione delle priorità governative.

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A questo link è disponibile il comunicato Istat

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