I produttori sono obbligati ad indicare l’origine degli alimenti nell’etichetta. Ma non per tutti i prodotti vale l’obbligo. Vediamo allora quali sono quelli più comuni e per cui possiamo leggere da dove vengono
L’obbligo di indicazione delle origini degli alimenti nell’etichetta esiste ma non per tutti i cibi e gli alimenti. Alcune categorie alimentari, infatti, non hanno questo genere di incombenza.
C’è da dire subito, però, che in Italia siamo comunque avvantaggiati rispetto ad altri Paesi europei e del mondo. Infatti, nel nostro Paese, oltre ad essere in vigore le varie norme europee sulla tracciabilità degli alimenti esistono anche alcuni regolamenti temporanei che obbligano i produttori a indicare l’origine degli alimenti.
Le regole, però, non sono uguali per tutti così come la possibilità di fregiarsi del marchio “100% italiano”.
Cominciamo con un prodotto insospettabile, almeno all’apparenza: la pasta. C’è l’obbligo in etichetta di indicare l’origine della semola utilizzata. Il tipo di dicitura specifico utilizzato dal produttore può variare: origine UE, origine extra UE, un mix di queste due espressioni, 100% italiano, l’indicazione specifica del Paese da cui proviene il grano, addirittura la regione italiana di provenienza della materia prima.
Continuando sui prodotti confezionati parliamo del pesce per cui deve essere riportato in etichetta la zona di cattura o di allevamento. Ma questo obbligo di indicare la provenienza della materia prima vale soltanto se il pesce non è stato lavorato. Per esempio, per i classici bastoncini impanati di merluzzo non è strettamente necessario che venga indicato il luogo in cui è stato pescato o allevato il pesce di partenza.
Regole complesse e stringenti solo quelle che invece riguardano prodotti come l’olio e la carne. Per l’olio ci sono regole precise che obbligano ad indicare il Paese di origine e di produzione. Soltanto se i due Paesi coincidono con l’Italia è possibile indicare il prodotto come 100% italiano. Nel caso siano utilizzati oli provenienti da altri Paesi, o la lavorazione avvenga in un Paese che non è l’Italia, occorre indicare invece: Ue o non Ue.
Per la carne, in particolare la carne bovina occorre indicare il Paese di nascita, di allevamento di macellazione. Se queste tre azioni avvengono nello stesso luogo verrà indicato una volta sola. Per la carne fresca di maiale, di ovini, caprini e volatili, occorre invece soltanto indicare obbligatoriamente nazione di allevamento e nazione di macellazione.
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Un discorso a parte vale per gli insaccati di carne suina per i quali invece occorre necessariamente indicare il Paese di nascita dell’animale, di allevamento e di macellazione. Come per altri prodotti, se questi tre Paesi coincidono e coincidono con l’Italia si può indicare 100% italiano.
Continuando con i prodotti di origine animale, parliamo del latte, dei latticini e delle uova. Per il latte e i latticini occorre indicare il Paese di mungitura e quello di conservazione o trasformazione. Le uova, che per un buon 99% sono di produzione italiana, se si cerca il made in Italy occorre guardare il codice stampato sul guscio. Infatti, sul guscio, oltre all’indicazione del tipo di allevamento, c’è indicata la sigla del Paese di produzione, con la provincia e l’identificativo dell’azienda.
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Per frutta e verdura occorre indicare l’origine sia nei prodotti sfusi sia in quelli imbustati. Se però, un po’ come succede con il pesce lavorato, viene venduta sotto forma di macedonia o sottoposta ad altri tipi di lavorazione, questo obbligo decade.