Alla fine, è arrivato, atteso anche con una certa curiosità visto il livello dello scontro mediatico, il commento del premier Mario Draghi, durante un’audizione in Senato, alle recenti critiche avanzate dal Vaticano sul Ddl Zan.
Una questione che sta letteralmente dividendo in due l’opinione pubblica, tra chi ritiene che si tratti dell’ennesima ingerenza della Santa Sede, e chi invece la considera una preoccupazione legittima che oltretutto era stata garantita da un accordo formale tra le parti. E forse un po a sorpresa, il premier ha reagito alla richiesta del Vaticano ricordando in primo luogo come il nostro sia uno stato laico con un parlamento “libero di discutere e non solo. Il nostro ordinamento contiene tutte garanzie per rispettare gli impegni internazionali tra cui il concordato. Ci sono controlli preventivi nelle commissioni parlamentari. Ci sono controlli successivi nella Corte costituzionale”. Frasi che sembrano dunque rispedire al mittente le richieste del clero cattolico, ricordando quasi come tutti i loro saranno discusse a prescindere da un parlamento che però non può farsi influenzare da riflessioni su tema che di laico hanno ben poco.
Era il 17 Giugno 2021 quando l’Ansa ha avuto la possibilità di visionare il documento con cui il Vaticano ha chiesto formalmente allo Stato Italiano di ridiscutere alcuni punti del Ddl Zan.
La preoccupazione espressa dalla Santa Sede sulla questione, riguarda il fatto che il Ddl “stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi ‘fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere’. Scelte che secondo il mondo cattolico “avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario”. Il timore dunque, come si evince dal documento, è che ad essere in pericolo potrebbe essere ,con l’approvazione di questo disegno di legge, le libertà dei cittadini cattolici presenti sul territorio nazionale. Nel documento viene inoltre rimarcato il fatto che la differenza sessuale per le sacre scritture è un fatto in primo luogo antropologico. Un punto molto importante per il Vaticano, e che era stato infatti inserito nell’accordo stipulato nel 1984 tra lo Stato Italiano e la Chiesa, e quando si stabilì di revisionare il concordato lateranense. Ecco dunque che adesso la Chiesa, sulla base di questa intesa, chiede al governo di rimodulare il ddl al fine di rispettare gli accordi presi e non finire con limitare la libertà dei cattolici in Italia.
Draghi ha comunque annunciato che risponderà in modo più esaustivo sull’argomento nella giornata di domani, articolando meglio il suo pensiero sul tema. La questione naturalmente ha travalicato i confini nazionali, con la Presidentesse della Commissione Ue Ursula Von der Leyen che ha voluto pubblicare una nota in cui chiarisce come “i Trattati europei proteggono la dignità di ogni singolo essere umano e proteggono la libertà di parola, tra altri valori. E portare questi valori in equilibrio è un lavoro quotidiano nella nostra Ue”. Una frase che sembra quasi implicitamente chiedere una mediazione tra le parti, che in realtà non sembra aver trovato riscontro nelle parole di Draghi. E dello stesso avviso del premier sembra essere anche il Presidente della Camera Roberto Fico nel corso di un suo intervento alla trasmissione Agorà in onda su RaiTre ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: “Il Parlamento è sovrano, i parlamentari decidono in modo indipendente quello che vogliono votare. Il Ddl Zan è già passato alla Camera e adesso e’ in Senato, noi come Parlamento non accettiamo ingerenze. Il Parlamento e’ sovrano e tale rimane sempre”.
Pd e 5 Stelle sembrano dunque essere d’accordo sul fatto che il disegno di legge non debba cambiare in base alle richieste provenienti dal mondo ecclesiastico. Anche se il segretario dem Enrico Letta si è comunque dichiarato disposto al dialogo con la Santa Sede, a patto però che non venga preteso di rivedere l’impianto complessivo del disegno di legge. Sembra inoltre, e sono alcune fonti Ansa a riferirlo, che Letta si sia messo personalmente in contatto con alti funzionari vaticani per cercare di risolvere questo contenzioso in modo informale il prima possibile. Il Partito Democratico sembra infatti avere tutta l’intenzione di far approvare questo disegno di legge il prima possibile.
Diverso invece il parere di Italia Viva, che attraverso le dichiarazioni di Ettore Rosato fa capire che un dialogo sull’argomento con il mondo cattolico sia importante e non evitabile.
In ogni caso, resta difficile per il momento pensare che il Vaticano, nonostante alcune veementi reazioni dell’opinione pubblica, possa fare dei passi indietro sul tema. Anche perchè, è la prima volta che la Santa Sede cita direttamente il concordato stipulato con il nostro paese, chiedendo che questi venga rispettato. Il timore più grande per Papa Francesco, sembra essere quello relativo alle scelte che i genitori cattolici potrebbero trovarsi costretti a fare tra qualche anno, nel momento in cui dovranno inserire i loro figli nel mondo dell’istruzione. In tal senso il disegno di legge promosso da Zan è considerato inappropriato nel momento in cui annulla la differenza di genere in alcune scelte del cittadino.
Molto forte la reazione dell’associazione Arcigay, nata per difendere i diritti degli omosessuali nella nazione. Franco Grillini, storico esponente del Movimento, ha infatti definito inaccettabile l’ingerenza della Santa Sede, arrivando a definirlo come un “tentativo esplicito e brutale di sottrarre al Parlamento il dibattito sulla legge e trasformare la questione in una crisi diplomatica, mettendola nella mani del Governo Draghi per far si che tutto venga congelato”. Di qui la richiesta di pensare piuttosto ad abolire il concordato stipulato.
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Resta comunque il fatto che le parole di Draghi potrebbero segnare l’inizio di quello che se non uno scontro, può comunque rivelarsi un dialogo molto poco disteso con la Santa Sede. Non bisogna comunque dimenticare come l’attuale presidente del cosniglio sia nato professionalmente e politicamente come un uomo di mediazione super partes, e la sua posizione potrebbe dunque ammorbidirsi nelle prossime settima.
Ma è anche vero che Draghi ci sta anche abituando a un rigore inaspettato su alcuni grandi temi politici, come ha dimostrato l’etichetta di dittatore che ha riservato ad Erdogan alcune settimane fa.