Era già stato giudicato colpevole di omicidio lo scorso Aprile, e adesso la condanna per Derek Chauvin, l’agente di polizia che il 25 maggio scorso uccise l’afroamericano George Floyd durante un controllo di polizia, è stata confermata a 22 anni e mezzo di carcere.
Una sentenza molto importante, per quello che in poco tempo è diventato uno dei casi di cronaca simbolo delle violenze subite dalla popolazione afroamericana dalle forze dell’ordine statunitensi.
Ogni singolo dettaglio di questo orrendo delitto sembra infatti ricordarci quanto il problema del razzismo negli Stati Uniti sia ancora molto lontano dall’essere sconfitto. Anzi, la sensazione è che per la comunità afroamericana, certe conquiste sui diritti ottenute nel passato, si siano iniziate a sgretolare ben prima dell’inizio della presidenza di Donald Trump. Questa condanna si rivela anche una dimostrazione plastica del modo in cui l’opinione pubblica può incidere nella lotta alle discriminazioni. Una sentenza molto forte, motivata dal giudice in ventidue lunghe pagine. Chauvin si è visto oltretutto confermare la pena di presenza, presentandosi in tribunale dopo oltre due mesi in cui si trovava in isolamento in carcere.
Non poteva mancare il commento alla vicenda del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden che non ha esitato a definire la sentenza un vero e proprio “punto di svolta per gli Stati Uniti”. Ben Crump, il legale della famiglia Floyd, si è dichiarato soddisfatto di una condanna che rende finalmente giustizia di una morte atroce, avvenuta oltretutto davanti al figlio dell’imputato. Anche perché la pena che il giudice ha deciso di infliggere a Chauvin è maggiore di circa 10 volte a quelle che vengono solitamente inflitte in questi casi. Per questo secondo Bridgett Floyd, sorella della vittima, siamo di fronte a una sentenza che mostra come “la questione della brutalità della polizia viene finalmente presa sul serio“.
Fu in seguito a questo efferato crimine, documentato e diffuso sui social da alcuni passanti, che nacque il movimento Black Lives Matter che riempie ancora oggi le pagine di cronaca di tutto il mondo, vedi ad esempio la recente contesa agli europei di calcio sul fatto se sia giusto o meno inginocchiarsi prima delle partite, un gesto di protesta diventato un vero e proprio simbolo di ribellione dopo la morte di Floyd.
Derek Chauvin, dopo la lettura di una condanna che lo vedrà passare il resto della sua vita in carcere, ha deciso di rompere il silenzio riservando un pensiero ai familiari delle vittime, augurando loro di poter trovare serenità. Anche il giudice nel suo discorso finale, non ha potuto fare a meno di esprimere vicinanza alla famiglia Floyd.
George Floyd era un afroamericano nato nella città di Houston in Texas, nel 1974. Si era diplomato alla Yates High School nel 1993, e nel suo passato figura una breve carriera nell’hip hop e un precedente penale: viene infatti condannato ad inizio anni duemila per rapina aggravata. Si era trasferito nella città di Minneapolis nel 2014 trovando lavoro come addetto alla sicurezza in un ristorante. Ai tempi del suo omicidio, si era però ritrovato, come tanti altri milioni di americani, disoccupato a causa dell’avvento della pandemia. Aveva due figli di 22 e 6 anni. Il più piccolo si trovava in macchina con lui quel giorno, e dovrà convivere per tutta la vita con il ricordo di essere stato spettatore della morte del padre.
Il 25 Maggio del 2020, alcuni agenti di polizia ricevono una segnalazione: c’è un uomo sospetto parcheggiato con la sua auto tra la East 38th Street e la Chicago Avenue. Sembra il prologo di uno dei tanti controlli che avvengono sul suolo americano, dove i cittadini non sono di certo mai contenti di trovarsi una pattuglia davanti pronta a controllare che sia tutto in regola.
Invece, era l’inizio di una tragedia destinata a cambiare la storia della comunità afro americana.
Intorno alle ore 20 infatti Floyd entra in un locale per comprare delle sigarette. Da quanto hanno in seguito riferito i titolari dell’attività commerciale, il suo sguardo allucinato lì aveva già messi in allerta, ma il motivo per cui hanno deciso di contattare gli agenti era per il sospetto che l’uomo avesse pagato con delle banconote contraffatte. E così subito dopo che Floyd esce dal locale, viene deciso di chiamare il 911 per segnalarlo.
Sette minuti dopo, sul luogo arriva una volante della polizia. I due agenti scendono dalla macchina e trovano Floyd all’interno del suo Suv, intimandogli a quel punto di restare fermo dove si trova, tenendo le mani bene in vista sul volante. I poliziotti raccontano che a quella richieste l’uomo si oppone, e inizia così uno scontro verbale che si conclude con Floyd che viene fatto uscire dalla vettura e ammanettato, per essere poi arrestato sul momento con l’accusa di utilizzo e spaccio di banconote contraffatte. Uno dei due agenti si occupa personalmente di bloccare l’afroamericano, ormai inerme e neutralizzato dalle manette, sul marciapiede della strada. A quel punto i due chiedono rinforzi. Arriva pochi minuti dopo una vettura con a bordo l’agente Derek Chauvin. Una volta sceso dall’auto, sembra che Chauvin inizi anch’egli a scontrarsi verbalmente con Floyd, forse in seguito al suo rifiuto di entrare nell’auto della polizia per essere portato in centrale. In seguito inoltre, si scoprirà che i due si conoscevano.
Basta poco affinché una discussione così tesa si trasformi in una tragedia.
Questo infatti è quello che tutti noi abbiamo potuto vedere qualche minuto dopo, grazie a una persona che passava da quelle parti, decidendo di filmare per intero., l’atroce scena in cui si era imbattuto. Sono le 20 e 19 infatti quando Floyd si trova a terra, immobilizzato da Chauvin che gli preme un ginocchio sul collo. Evidentemente l’agente, che si era stancato dalle resistenza mostrata dall’uomo nei loro confronti, aveva deciso che neutralizzarlo in quel modo era il modo più semplice per mantenere la situazione sotto controllo.
L’uomo fa una fatica enorme a respirare, chiede più volte aiuto, ricevendo in cambio la totale indifferenza dell’agente di polizia, sotto lo sguardo sempre più attonito dei passanti. I cellulari che filmano l’accaduto si moltiplicano, ed è forse questa la parte più assurda di questa vicenda.
Chauvin infatti sembra non preoccuparsene, nemmeno quando Floyd inizia a stare male sul serio, fino al punto che chiamare un’ambulanza sembra l’unica soluzione possibile anche gli agenti. Più volte, come mostrano i video, l’uomo li prega di allentare la presa. Non riusciva a respirare, se sarà proprio quel “I can’t breathe” a scioccare l’opinione pubblica mondiale qualche ora dopo.
Poche ore dopo Floyd smette di respirare.
La sua morte diventa la miccia per una delle rivolte più importanti della comunità afroamericana negli Stati Uniti. D’altronde, nonostante non sia certo il primo caso di cronaca che testimonia in modo così diretto il comportamento violento della polizia nei confronti degli afroamericani, è la prima volta però che una morte così atroce viene sbattuta in mondovisione, togliendo qualunque tipo di alibi alle forze dell’ordine americane. Difficile negare, quando esistono dei video che testimoniano il contrario.
E questo è forse l’aspetto più grottesco di tutte questa vicenda. Gli agenti sapevano di star compiendo un’operazione illegale bloccando Floyd in quel modo e con quella violenza. Sapevano che stavano compiendo quell’atto in mezzo a decine di passanti muniti di cellulare. In un mondo in cui si filmano le cose più superflue per mero divertimento, difficile non pensare che a qualcuno non venga in mente di riprendere un aggressione. Eppure, gli agenti probabilmente nemmeno hanno pensato alle conseguenze.
Quella per loro era la normalità.
George Floyd smette di respirare sotto il ginocchio di Derek Chauvin e poche ore dopo, la sua morte è su tutti i Tg del mondo. Sui social infatti il video inizia a circolare con numeri mai visti persino per queste piattaforme.
E infatti, passa pochissimo tempo e di fronte a delle immagini così sconvolgenti è lo stesso sindaco di Minneapolis, a condannare pubblicamente l’accaduto licenziando sul momento i quattro agenti coinvolti. Arriva poi la prima autopsia sul cadavere, che scatena un vero e proprio putiferio negli Stati Uniti: Floyd infatti non sarebbe morto a causa delle manovre praticate da Chauvin ma per via alcune patologie che aveva, tra cui un ipertensione cardiaca. Non viene però escluso il fatto che la violenza subita dagli agenti, possa aver peggiorato questa situazione fino ad ucciderlo.
Autopsia che scatena l’ira della famiglia, che a quel punto, ritenendo l’esito inattendibile, incarica il loro legale di dare luogo a una nuova perizia, che invece conferma l’asfissia e dunque l’intervento diretto di Chauvin come principale causa di morte dell’afroamericano.
In America la morte di Floyd fomenta fin da subito una rabbia senza precedenti, che viene oltretutto supportata anche dalla comunità bianca che mai come in quel momento, sente il bisogno di appoggiare gli afro americani. Nessuno riesce a dimenticare gli ultimi e agghiaccianti momenti di vita di Floyd.
Comincia una protesta che riesce a restare pacifica soltanto per pochi giorni.
I disordini in poco tempo diventano così ingestibili che Trump a un certo punto è costretto a “barricarsi” all’interno della Casa Bianca. Sul suolo americano, iniziano tantissimi eventi di protesta che ben presto si trasformano in dei veri e propri saccheggi in cui non esiste negozio o attività che viene risparmiato dalla razzia. L’America in quel momento, sembra davvero essere sull’orlo di una guerra civile. È la popolazione, al di là di una degenerazione che non potrà mai trovare giustificazione, sembra presentarsi a questo appuntamento storico in modo molto più compatto, rispetto ai decenni scorsi in cui purtroppo simili episodi non erano mai mancati. La stessa comunità afroamericana in NBA, si schiera contro la polizia come mai aveva fatto in passato, con intere franchigie che scendono in piazza a protestare.
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FONTI
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/25/omicidio-george-floyd-lex-agente-derek-chauvin-condannato-a-22-anni-e-mezzo-di-carcere-abuso-e-particolare-crudelta/6242190/
https://it.insideover.com/societa/cosa-e-successo-con-la-morte-di-george-floyd-negli-stati-uniti.html