Save The Children ha raccolto nuove testimonianze da parte di alcuni bambini sopravvissuti al naufragio di Lampedusa
“Sgomenti di fronte al dolore che troppi bambini, donne e uomini stanno vivendo e alla vite che continuano ad essere sacrificate anche a causa della mancanza di un sistema strutturato di ricerca e soccorso in mare”.
Con un comunicato pubblicato il 2 Luglio 2021, l’associazione per la tutela dei diritti dei bambini Save The Children ha riportato alcuni estratti relativi alle nuove testimonianze raccolte sul terribile naufragio di Lampedusa che nell’Ottobre del 2013, provocò la morte di oltre 350 persone. La portavoce di Save The Children Lampedusa Giovanna di Benedetto racconta, all’interno del comunicato, quanto siano strazianti i racconti di chi sull’isola ci arrivò da sopravvissuto. Testimonianze che non possono certo lasciare indifferenti, anche perché sono dei bambini a riportarle, a raccontare di quel giorno in cui tutto è cambiato.
“Hanno raccontato che a un certo punto la barca in cui viaggiavano già da un po’, sulla quale c’erano diverse donne anche incinte e bambini molto piccoli, si è capovolta e si sono ritrovati in acqua. Hanno iniziato a bere, sono finiti sott’acqua, hanno fortemente temuto di annegare e poi hanno visto tanta gente morire attorno a loro. Immagini terribili per chiunque, figuriamoci per due ragazzini, che viaggiavano soli, senza alcuna figura cara”.
Per questo, l’associazione chiede adesso all’Unione Europea di implementare il prima possibile un sistema che permetta di coordinare al meglio le ricerche e i soccorsi. È fondamentale creare un canale d’ingresso sicuro, che metta per sempre fine a queste morti insensate che continuano a sommarsi di anno in anno senza aver mai trovato una risposta realmente incisiva da parte dei vertici Ue. Impossibile dimenticare d’altronde, quanto l’Italia sia stata più volte lasciata da sola dagli altri stati membri nella gestione dei flussi migratori. Un problema più che mai attuale considerato che è la stessa associazione a ricordare come nei primi sei mesi del 2021, citando gli ultimi dati pubblicati dalle Nazioni Unite, il numero dei morti nel Mediterraneo è triplicato. Gli sbarchi non si fermano e soltanto nella giornata di ieri 2 Luglio 2021, un nuovo barchino, con a bordo 19 persone provenienti dalla Tunisia, è arrivato durante la notte sull’isola. Immediata il blocco e il sequestro dell’imbarcazione da parte della Guardia di Finanza, che ha poi condotto il gruppo negli hotspot di Contrada Imbriacola. Dopo alcune ore dal loro arrivo, la prefettura di di Agrigento ha disposto un nuovo trasferimento dall’hotspot, che continua ad essere riempito oltre il limite consentito e sottoposto a uno stress che non potrà reggere per sempre. Verranno infatti prelevati dalla struttura circa 100 persone che saranno trasferite a Porto Empedocle.
Non bisogna inoltre dimenticare che tutto questo accade in un momento in cui il problema Covid sull’isola è tutt’altro che risolto.
In una recente intervista rilasciata a Fanpage Francesco Cascio, che occupa il ruolo di dirigente medico dell’unità operativa di Lampedusa, ha spiegato che laddove si verificasse un nuovo focolaio sull’isola durante l’estate, la situazione ci metterebbe poco a degenerare e trasformarsi in un “vero inferno”. Anche perché Lampedusa nei mesi estivi viene letteralmente invasa dai turisti, rendendo dunque molto più complicata la gestione dell’emergenza. Considerazioni che però non sembrano essere totalmente condivise dal sindaco di Lampedusa Totò Martello. Il politico infatti continua a sostenere fortemente il fatto che l’isola sia “Covid Free”. Anche perché “se non siamo Covid-free noi, chi altro in Italia? Abbiamo vaccinato l’85 per cento della popolazione di Lampedusa e il 95 per cento di quella di Linosa”. Evidente come vi sia dietro questa convinzione, anche la necessità di riportare la normalità per non danneggiare ulteriormente l’economia locale. Cascio sostiene che non vi sia abbastanza attenzione sul problema, come se l’estate scorsa, quando dopo il grande flusso turistico scoppiarono nuovi focolai, fosse ormai soltanto un vago ricordo. Non è così, e il sommarsi dell’emergenza migratoria e di quella sanitaria, rendono Lampedusa una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Il 3 ottobre del 2013 un’imbarcazione libica sprofondò a pochi chilometri dall’Isola di Lampedusa. Era una delle navi utilizzate per i viaggi della speranza di migliaia di migranti che tentavano di giocarsi la loro ultima carta arrivando nel nostro paese, dopo anni passati a sopportare soprusi e guerra nei luoghi in cui vivevano. Quel giorno, i motori si bloccano all’improvviso a pochi chilometri dall’isola e venne così deciso di mandare l’assistente del capitano ad agitare uno straccio infuocato nella speranza di attirare l’attenzione della Guardia Costiera. Il fumo però spaventò le persone che si trovavano a bordo. Molti di loro iniziarono così ad allontanarsi per paura di respirare quel fumo. Uno spostamento veloce e drammatico, perché la nave a quel punto, ci mise pochissimo tempo a rovesciarsi. Una fine atroce: l’imbarcazione infatti girò tre volte su se stessa prima di affondare. I soccorsi impiegarono circa un’ora ad arrivare, dando così inizio fin da subito alle prime polemiche di un caso che resterà per mesi nel dibattito pubblico. Mai come in quel momento infatti, la comunità europea si è ritrovò di fronte alle sue mancanze nella gestione dei flussi migratori.
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Il bilancio finale sarà di 366 morti. Tra questi, nove bambini.