1,5 milioni di posti a rischio, il futuro del mercato del lavoro nel nuovo rapporto del Centro Einaudi

Il nuovo studio redatto dal Centro Einaudi illustra un quadro desolante, con milioni di posti di lavoro a rischio e la mancanze di competenze adeguate per quelli che saranno invece i nuovi lavori del futuro

La crisi economica in cui ci ha trascinato questa pandemia, continua ad avere forti ripercussioni su tutto il settore occupazionale italiano.

Una situazione che inoltre non ha fatto altro che accelerare un problema che nel nostro paese era già strutturale. Troppe categorie di lavoratori risultano infatti sprovviste delle competenze digitali necessarie a trovare nuovamente un lavoro, dopo avere perso un’occupazione in cui difficilmente saranno rimpiazzati. Questo il quadro che emerge dal nuovo rapporto sull’economia globale e l’Italia presentato dal Centro Studi Luigi Einaudi in collaborazione con l’istituto di credito Intesa San Paolo. In una situazione così intricata come quella tratteggiata dal report, la vera chiave di volta riguarda però in primo luogo gli imprenditori e non i dipendenti. Che il gap tecnologico delle imprese italiano rispetto a quelle estere sia forte, è un semplice dato di fatto. Ma proprio per questo, diventa adesso fondamentale che le aziende si convincano una volta per tutte a digitalizzarsi in modo da poter creare una nuova domanda di personale. Senza tralasciare, come accennato in precedenza, il fatto che purtroppo sono anche gli stessi lavoratori a doversi reinventare e acquisire nuove competenze, in un mercato del lavoro in cui ormai la tecnologia è componente integrante di qualunque comparto produttivo.

Lo studio è stato redatto e curato sotto la direzione di Mario Deaglio, docente di economia internazionale dell’Università di Torino. Deaglio si è occupato in primo luogo nel suo studio, di illustrare quale siano stati i principali cambiamenti nel mercato del lavoro causati primo lockdown. Un momento storico inaspettato ed estremo, che ha inevitabilmente costretto le aziende ad accelerare tantissimi cambiamenti che erano in programma per un periodo di tempo più lungo. Primo tra tutti, ovviamente, l’implementazione massiccia dello smart working, che può anche essere intesa come un punto di non ritorno in merito: sono tante le imprese che hanno già annunciato che continueranno adesso ad utilizzarlo nonostante le riaperture. E difatti su questo Deaglio è perentorio: “Commercio on line e smart working sono qui per restare: a certificare la fine di un’epoca, nel 2020 le vendite di vestiti grigi sono più che dimezzate rispetto al 2011″. Continuando nella lettura, lo studio pone poi in rilievo come, a causa del pensionamento dei lavoratori nati fino al 1945, si stanno anche perdendo quelle conoscenze tecniche indispensabili in settori quale ad esempio quello manifatturiero. Filiere produttive che da sempre si sono nutrite della saggezza e dell’esperienza dei dipendenti nella lavorazione, e che adesso sembrano non poter trovare prosecuzione a causa delle scarse competenze in merito delle giovane generazioni. Continuando di questo passo però, viene spiegato nel documento, “rischiamo di avere contemporaneamente molti disoccupati e molte imprese che non trovano il personale di cui avrebbero bisogno”.

Per tutti questi motivi, riprendersi dalle conseguenze economiche che ci sta lasciando in eredità questa pandemia, non sarà semplice. E anche gli aiuti economici che arriveranno a breve dal Recovery Plan rappresentano soltanto in parte la soluzione al problema. In primo luogo perché sarà fondamentale impiegare i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea in modo corretto, e questa, nel nostro paese, è una prospettiva tutt’altro che scontata. Nel rapporto redatto dal Centro Einaudi si legge infatti come “il Recovery Plan sottoporrà l’Italia a uno sforzo titanico per fare le cose nei tempi previsti”. Un’ulteriore problema è poi rappresentato dal fatto che al momento non è ancora chiaro in base a cosa la Commissione Ue si riserverà di valutare l’Italia in merito alla spesa delle tranches di aiuti previsti. Nel rapporto viene però evidenziato come “il successo verrà misurato non solo dalla capacità di spendere, ma anche da quella di rimuovere, con riforme adeguate, i vincoli attuali alla crescita. L’elenco delle riforme su cui l’Italia verrà valutata non esiste ancora, ma il Parlamento europeo ha già scritto nero su bianco che i Piani dovranno stimolare “il potenziale di crescita” e avere un “effetto duraturo” comportando “riforme globali”.

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Ma il futuro, conclude il rapporto, resta comunque ricco di opportunità da cogliere per il nostro paese per poter invertire questa tendenza e salvare milioni di persone dalla disoccupazione. A patto però che questo difficile momento storico dal quale sembriamo finalmente uscire, abbia convinto la nostra classe politica che è arrivato il momento di invertire la rotta in modo deciso, prima che sia troppo tardi.

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