Le indagini sono iniziate dopo che lo scorso anno un cittadino pakistano venne ritrovato legato vicino alla statale
La Procura di Padova ha messo sotto accusa anche due imprenditori italiani nell’ambito di un’operazione che ha portato allo smantellamento di un’organizzazione criminale pakistana che, secondo i magistrati, aveva messo in piedi un vero e proprio sistema di sfruttamento su alcuni loro connazionali.
I due dirigenti indagati fanno parte di Grafica Veneta, un’azienda leader nel settore dell’editoria che può vantare tra i suoi successi l’autobiografia dell’ex presidente Usa Barack Obama e il capolavoro fantasy di J.k. Rowling Harry Potter. Giorgio Bertan e Giampaolo Pinton, che ricoprono rispettivamente i ruoli di amministratore delegato e direttore dell’area tecnica, sono accusati dalla procura di essere stati a conoscenza dei metodi che utilizzava l’organizzazione per intimidire e sfruttare le vittime. I due manager si trovano adesso ai domiciliari, mentre per altre nove persone è stata invece disposta la custodia cautelare in carcere.
L’indagine è iniziata nel maggio dello scorso anno, quando un uomo pakistano venne ritrovata dagli inquirenti a Piove di Sacco, a ridosso della statale 16. Le forze dell’ordine al loro arrivo, si trovarono di fronte a un uomo legato e imbavagliato, con addosso ancora i segni di violente percosse. A quel punto, iniziate le indagini, si fecero avanti anche altri lavoratori, tutti pakistani, che raccontarono di essere stati anche loro aggrediti e privati dei soldi e dei documenti. Erano tutti dipendenti presso un’azienda di nome BM Services, con sede a Lavis in provincia di Trento, e di proprietà di due cittadini pakistani. Si tratta di un’impresa che si occupa di fornire manodopera a tutte le aziende del Nord che entrano in contatto con loro. Le vittime tramite questa società, al momento della denuncia, erano tutte impiegate presso l’azienda Grafica Veneta di Trebaseleghe. Venivano tutti assunti per periodi molto brevi, divisi tra contratti part time e full time che a quanto pare non venivano mai rispettati. La procura nel corso delle indagini ha infatti scoperto come spesso queste persone venissero impiegate per turni di lavoro anche superiori alle 12 ore, senza possibilità di fare pause o di avere un qualunque tipo di tutela, come ad esempio la retribuzione delle ore straordinarie non previste dal contratto.
Ma non solo, perché i magistrati hanno anche rilevato come ai loro danni, fosse stato messo in atto quello che viene definito “un vero e proprio sistema estorsivo”. Tramite l’intimidazione e la minaccia infatti, i lavoratori erano costretti a ritornare anche una parte del loro stipendio che gli spettava di diritto in busta paga e venivano spesso accompagnati fino al bancomat a prelevare la somma richiesta. L’organizzazione si occupava anche di gestire il loro soggiorno ammassandoli in abitazioni improvvisate, che potevano ospitare fino a venti persone, e costringendoli a pagare l’affitto del loro posto letto. Durante le indagini è emerso anche come gli operai, stanchi a un certo punto delle continue vessazioni di cui erano vittime, si siano rivolti a un sindacato alla ricerca di aiuto.
Di questa denuncia ne sono però venuti ben presto a conoscenza anche i loro datori di lavoro, che a quel punto hanno deciso di organizzare una vera e propria spedizione punitiva in modo da scoraggiare chiunque pensava di poterci riprovare. Gli operai che hanno sporto denuncia, sono stati infatti raggiunti dall’organizzazione criminale e in seguito legati, derubati e picchiati per ore. E l’aspetto più inquietante e tragico di questa indagine coordinata dal pubblico Ministero Andrea Girlando, è che i dirigenti della Grafica Veneta erano a conoscenza delle condizioni di sfruttamento degli operai che avevano assunto attraverso l’intermediazione della società pakistana. Fabio Franceschi, fondatore di Grafica Veneta, ha dichiarato di essere rimasto profondamente sorpreso dagli esiti di un’indagine che portato all’arresto di due figure apicali dell’azienda e ribadisce stima e solidarietà ai suoi due collaboratori raggiunti dagli arresti domiciliari. Nella nota pubblica, Franceschini cerca inoltre di chiarire i rapporti che lo legano alla società pakistana:“La società che gestiva l’appalto è interessata di altri analoghi appalti non solo in Veneto, ma anche in altre Regioni del Nord Italia; infatti le prestazioni di BM in favore di Grafica Veneta rappresentano una modestissima parte del totale dell’attività svolta proprio nel settore grafico, da questa società”. Una difesa che lascia però perplessi, in quanto il punto in fondo non è stabilire con quante realtà imprenditoriali italiane collaborasse la società pakistana, ma piuttosto chi era o meno a conoscenza di questo rodato sistema di sfruttamento lavorativo, di cui forse, sarà la procura a stabilirlo, molte aziende italiane hanno approfittato per la convenienza economica che derivava dallo sfruttamento di questi lavoratori stranieri, che naturalmente finivano con l’avere a bilancio un costo irrisorio, sia per l’azienda pakistana che faceva da intermediario, sia per l’impresa che decideva di impiegarli.
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Subito dopo, Franceschini aggiunge “Grafica Veneta era del tutto all’oscuro di quanto sembrerebbe emergere dall’inchiesta, e del resto l’oggetto della contestazione ai suoi funzionari riguarda solo ed esclusivamente un asserito ostacolo all’indagine, ostacolo che non è mai stato posto dalla società, che intende invece collaborare con le forze dell’ordine e la magistratura per il ripristino della legalità in primis e quindi della verità”.