Promettevano Green Pass funzionanti nei 32 canali Telegram che sono stati oscurati dalla Polizia Postale in una operazione congiunta con la Polizia di Stato.
Sono 32 i canali Telegram che sono stati individuati e in cui quattro soggetti, di cui due minori, promettevano certificati falsi in cambio di criptovalute o buoni acquisto. Tutto quello che serviva erano i dati personali.
La notizia nella notizia, però, non è tanto l’esistenza di questi canali Telegram che vendevano Certificazioni Verdi false ma il fatto che su ciascun canale ci fossero migliaia di persone iscritte disposte a pagare anche fino a 500 euro per avere un Green Pass falso anziché sottoporsi alla vaccinazione oppure pagare 15 euro per un tampone rapido.
Telegram, 500 euro per un Green Pass falso
La rete scoperta dagli specialisti della Polizia Postale ha portato alla luce ben 32 canali Telegram con il coinvolgimento di 4 indagati. Due di questi indagati sono minori. Tutti gestivano vari canali sul social già tornato più volte alla ribalta proprio per le attività illegali ed immorali che qui vengono rilanciate.
E anche stavolta sembra che l’acerrimo nemico di WhatsApp sia il modo migliore con cui avvengono moltissime truffe online. Una volta iscritti, agli utenti venivano chiesti i dati personali con cui un fantomatico medico avrebbe compilato un certificato vaccinale e il Green Pass.
Questo il tipo di messaggio che gli utenti si vedevano arrivare “Ciao, ti spiego brevemente come funziona. Attraverso i dati che ci fornisci (nome e cognome, residenza, codice fiscale e data di nascita) una dottoressa nostra collaboratrice compila un certificato vaccinale e (quindi si, risulti realmente vaccinato per lo stato) e da lì il green pass“.
E chiaramente, una volta prodotti i Green Pass, nessuno avrebbe superato i controlli con il rischio di aggiungere ai soldi sborsati per gabbare il sistema anche quelli delle multe.
Leggi anche: Non hai il green pass? Stop stipendio se fai questo lavoro
Leggi anche: Problemi a casa col Wi-Fi? Con quest’oggetto risolvi subito
Adesso le accuse a carico dei quattro indagati sono truffa e falso. Il fiorire degli account su Telegram ma anche su WhatsApp e Facebook che cercano di bypassare le regole imposte dalla pandemia deve far riflettere su quanto lavoro di comunicazione è stato fatto in maniera erronea dalle istituzioni se ci sono persone disposte a fidarsi di sconosciuti mai visti su un social piuttosto che del proprio governo.