Poly Network, il protocollo di interoperabilità della finanza decentralizzata, ha subito un attacco hacker ma a quanto pare potrebbe rivedere presto i fondi sottratti
L’hacker responsabile dell’attacco che ha sottratto 600 milioni di dollari a Poly Network, il protocollo di interoperabilità della Finanza decentralizzata, ha deciso di contattare la sua vittima e restituire il maltolto.
Motivo per cui più di qualcuno ora pensa che l’attacco non sia stato portato avanti effettivamente per sottrarre il denaro e scappare ma per esporre le falle di un sistema apparentemente inespugnabile ma che se sfruttate bene possono mettere in ginocchio l’economia mondiale.
Poly Network è infatti, semplificando al massimo, il modo in cui le diverse blockchain con cui operano le criptovalute possono comunicare. Riuscire a bucare un sistema del genere può significare avere in mano i soldi di tutti.
La storia di questo attacco a Poly Network ha del surreale. A partire dal messaggio che la società ha pubblicato su Twitter e indirizzato apertamente all’hacker esordendo con: “Caro hacker”. Ovviamente, il messaggio non era amichevole e ha chiarito da subito che l’attacco si configura come un crimine internazionale, sottintendendo quindi che la libertà dell’hacker fosse già in serio pericolo se non avesse immediatamente restituito ciò che aveva sottratto.
In effetti, non molto tempo dopo aver portato a segno il colpaccio, l’hacker che rimane a tutt’ora anonimo ha deciso di contattare Poly Nnetwork per farsi aprire un Wallet, un portafoglio digitale in cui è possibile trafficare con le criptovalute, per poter iniziare a restituire quello che ha sottratto. Il deposito iniziale, a quanto risulta, è di un milione di dollari. Ne mancano all’appello 599.
Ma la storia ha dell’incredibile perché, ad un certo punto , l’hacker ha deciso di restituire il maltolto dopo aver proposto una votazione online. Un segno forse che savvero lìunico scopo era dimostrare di riuscire a bucare qualcosa di apparentemente impenetrabile.
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A prescindere da come finirà questa storia strana, quello che ci rimane è la dimostrazione di come persino ciò che si ritiene inespugnabile possa essere violato. Secondo Ferdinando Ametrano, fondatore della Società di custodia di Bitcoin Checksig, alla base di tutto c’è il codice dell’infrastruttura “scritto in maniera non efficiente”. Lanciare asset digitali nel mondo delle criptovalute è qualcosa che è diventato troppo facile e quindi più vulnerabile a eventuali attacchi.