Sono sempre più gli italiani che si affidano alla pensione integrativa per compensare la perdita di reddito al momento dall’uscita dal lavoro
Le pensioni continuano a rimanere un nodo cruciale da sciogliere per il governo Draghi: il 31 dicembre scadrà “Quota 100” e si è al lavoro per trovare una alternativa.
In questo clima di incertezza continua ad aumentare l’interesse dei lavoratori per la previdenza complementare. Secondo le analisi, in un futuro non troppo lontano la pensione sarà pari a metà dello stipendio che si percepiva da lavoratori.
Per questi motivi che gli italiani si stanno sempre più orientando verso forme di pensione integrativa, in grado di compensare la perdita di reddito al momento dall’uscita dal lavoro, destinando parte del TFR ad esse.
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Pensione integrativa, ecco perché conviene
Secondo i dati diffusi dalla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), nel primo semestre del 2021 la previdenza complementare ha raccolto 5,9 miliardi di contributi, l’8,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2020.
Tale crescita riguarda tutte le forme pensionistiche e, secondo i dati, le forme pensionistiche complementari in Italia hanno raggiunto la cifra di 9,48 milioni (+138 mila assicurati rispetto al 2020).
I dati diffusi dalla Covip e rielaborati da Il Sole 24 Ore, dimostrano come negli ultime sei mesi i fondi hanno reso tra il 2,7% e 3,9% con punte del 6,6% per i Pip di ramo III, grazie alla spinta del mercato azionario.
Nell’arco di 10 anni, ad esempio, il rendimento medio composto è stato del 3,7% per cento per i fondi negoziali; del 3,9% per i fondi aperti; del 3,8% per i Pip di ramo III e del 2,3% per cento per le gestioni di ramo I. Il TFR ha invece offerto un rendimento del 1,9%.
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Da questi dati si mette in evidenza come la previdenza complementare abbia una performance migliore rispetto quella della rivalutazione del trattamento di fine rapporto.