In America inizia a farsi largo una nuova e per certi versi inaspettata protesta dei lavoratori
Nonostante negli Stati Uniti la quarta ondata di contagi sembra ancora molto lontana dal suo epilogo, molte aziende stanno comunque iniziando a pianificare il ritorno dei propri dipendenti in ufficio. Una situazione che sta dividendo i lavoratori, tra chi ormai si era affezionato allo smart working e adesso farà un’enorme fatica a rinunciarci, e chi invece si ritrova adesso a chiedere una riduzione degli orari di lavoro, una misura che molte multinazionali hanno già applicato alla manodopera specializzata. E in una nazione che più di altre rappresenta l’avamposto simbolo del capitalismo e della produttività illimitata, già solo il fatto che queste richieste si stanno traducendo in una vera e propria battaglia politica è un passaggio storico, di cui leggeremo nei libri di storia.
Prima che arrivasse la pandemia, la maggior parte degli americani lavorava in media quarantacinque ore la settimana, e sbaglia chi pensi si tratti di una scelta di vita libera: se ad esempio lavori nella ristorazione quelli sono gli orari da rispettare, a fronte oltretutto di una paga con cui spesso non si riesce a sopravvivere. È oltretutto un fenomeno comune in America, avere più di un lavoro, un sistema che genera rari perennemente flessibili e al contempo tutti a discapito del lavoratori, in quanto, come accennato in precedenza, nella maggior parte dei casi sono i datori di lavoro a decidere salario e ore.
Ultimatum dei talebani agli Usa
Tutto questo, mentre i rapporti tra Usa e Afghanistan si fanno più tesi di giorno in giorno. È notizia di queste ore infatti l’ultimatum lanciato dai talebani all’amministrazione Biden.
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Se il presidente degli Stati Uniti non manterrà la promessa di ritirare l’intero contingente americano entro il 31 Agosto, le conseguenze, ha dichiarato il nuovo Emirato Isamico, non saranno all’insegna del pacifismo.