Lo conferma uno studio
Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo. Assieme al tè, diventa un alimento di sostegno quotidiano, grazie alle sue capacità di energizzare il corpo. Ma come tutti i nutrizionisti continuano a ripetere, anche gli alimenti più benefici, se assunti in quantità eccessiva, possono rivelarsi dannosi per l’organismo. In generale il suggerimento complessivo è la moderazione.
il paradosso del caffè sta nel fatto che in dosi moderate aumenta la concentrazione e migliora le capacità cognitive, quindi ha effetti benefici sul cervello. Al contrario, superate le dosi consigliate, il quadro si ribalta, e possono insorgere deterioramenti del sistema nervoso associabili alla demenza.
Uno studio recente, messo a punto dai ricercatori dell’Università dell’Australia del Sud, ha valutato gli effetti del caffè sul cervello. Sono stati presi in esame 17.000 soggetti, che consumavano abitualmente caffè. Dai risultati è emersa una correlazione tra il consumo eccessivo di caffè e la riduzione del volume cerebrale, e un conseguente aumento del rischio di demenza.
I dati si riferiscono ai forti consumatori, con abitudini di 6 o più tazze al giorno. C’è da notare che il caffè americano, anche se più leggero per ogni sorso, contiene più liquido, quindi una tazza di caffè americano ha una dose maggiore di caffeina del nostrano espresso.
Dallo studio, non sono state riscontrate correlazioni con il pericolo di ictus, uno dei fattori indagati nella ricerca.
Cristina Bosetti, epidemiologa dell’Istituto Mario Negri di Milano, commenta la ricerca australiana: “Questi dati sono un segnale di cui tenere conto, anche se devono essere verificati con successive ricerche, anche perché non è chiaro quali possano essere i meccanismi che causano la riduzione del volume dell’encefalo o favoriscono la demenza”.
In generale, si può dire che con 3-4 tazze di espresso al giorno si può stare più che tranquilli. La dose può essere anche elevata a 6, ma con un margine di rischio.
Conclude Bosetti: “Nonostante l’ampiezza dello studio, bisogna considerare che il gruppo dei forti consumatori è limitato a poco più di un centinaio di soggetti con demenza, in cui però l’aumento del rischio riscontrato è del 50%”.
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