La banca è obbligata a fare il una valutazione sul cliente, in cui va tenuto conto del valore dell’immobile e del reddito del richiedente
Quando si accende un mutuo, si stipula un contratto privato con l’istituto di credito. A quel punto, il mutuatario, ovvero colui che è tenuto a corrispondere mensilmente la cifra pattuita, è responsabile in prima persona dei mancati pagamenti, che la banca può impugnare e retrocedere dal contratto. In casi più gravi, se l’obbligo non viene onorato, può scattare il pignoramento dei beni del mutuatario.
Il tribunale di Napoli, di recente, ha decretato che le banche non hanno carta libera nello stabilire l’importo del mutuo. Il contratto tra banca e soggetto che accede al credito, deve essere stipulato successivamente ad un’operazione bancaria, “una valutazione da compiere all’interno del perimetro segnato dai limiti di correttezza, buona fede e specifico grado di professionalità che l’ordinamento richiede”.
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Quali sono i limiti che la banca deve rispettare per stabilire il mutuo
Prima di accendere un mutuo la banca deve verificare la storia finanziaria del cliente, tramite:
- il controllo protesti al fine di verificare se ci siano stati, da parte del cliente, dei ritardi nei pagamenti di assegni o cambiali;
- la verifica presso la Camera di Commercio delle eventuali quote di partecipazioni del richiedente in società ad alto rischio di fallimento
- l’esame dello storico dei prestiti e della relativa puntualità nei pagamenti.
A questo punto, se tutto è in regola, si stabilisce il tasso di interesse e la cifra che il mutuatario dovrà corrispondere mensilmente. Sono importanti due fattori: il valore dell’immobile e la condizione reddituale del richiedente.
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Per legge, il mutuo non può essere superiore ad 1/3 del reddito del mutuatario. Nel caso in cui l’importo del mutuo sia superiore alle stime fatte in base a questi due fattori, la banca è obbligata ad accettare il Piano del consumatore, ovvero un pagamento dilazionato con una cifra pari alle possibilità del richiedente.