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In Amazzonia il 98% degli incendi è provocato dagli allevatori di bovini

Animal Equality chiede che l’Ue interrompa i trattati commerciali con gli allevatori responsabili della deforestazione brasiliana. L’Italia è il secondo importatore al mondo di carne bovina brasiliana, in buona percentuale proveniente da allevamenti illegali.

(Getty Images)

Il Brasile continua a bruciare, inarrestabilmente. Da molti decenni si sa che l’Amazzonia, polmone mondiale, si sta riducendo sempre di più. Ma in questo caso non è il cambiamento climatico a provocare la deforestazione del Brasile, ma le pratiche commerciali dolose. Da un’inchiesta portata avanti da Animal Equality emerge che gli allevatori di bovini appiccano gli incendi per accaparrarsi una quantità maggiore di territorio da destinare all’allevamento intensivo, e successivamente, alla proficua esportazione di carne bovina in tutto il mondo. Il reportage dell’associazione è stato condotto in loco, nello stato del Mato Grosso. Da interviste e testimonianze dirette è risultato che gli allevatori che hanno ridotto in cenere porzioni di area boschiva sono rimasti impuniti. Gli incendi hanno causato la morte di molte specie locali, compromesse da gravi ustioni o mancanza di cibo ed acqua. La “terribile verità” sulla filiera della carne brasiliana è un segreto noto a tutti, che si cela dietro un velo di omertà, perché “tutto è lecito purché l’economia si muova”.

Secondo una ricerca portata avanti dall’organizzazione brasiliana MapBiomas, gli allevamenti intensivi e i macelli industriali sono responsabili di oltre l’80% della deforestazione e si stima che il 98% di questi incendi sia stato appiccato da allevatori di bestiame. Chiunque inorridirebbe di fronte a determinate cifre, ma oltre all’indignazione, sarebbe utile interrogarsi sulla filiera che porta la carne brasiliana nei supermercati. La responsabilità degli allevatori è alla fonte del problema, ma gli interessi che muovono determinate pratiche illegali sono di natura più ampia, e convolgono tutta la filiera, dalla produzione al consumo. L’Italia è il secondo importatore di carne brasiliana dopo la Cina, ed il primo in Europa. La bresaola IGP, in molti casi viene confezionata con la carne brasiliana. Come è possibile che un prodotto che riporta l’etichetta di indicazione geografica utilizzi carne proveniente dall’altro capo del mondo? Gli accordi commerciali tra Europa e Sud America lo consentono. E se per i produttori di bresaola è più conveniente acquistare carne dal Brasile, con tutte le spese di trasporto annesse, il prezzo viene pagato con le ceneri dell’Amazzonia.

Animal Equality chiede all’Unione Europea di interrompere i sovvenzionamenti e gli accordi commerciali con le aziende che allevano i bovini su terreni ottenuti illegalmente. Quando una filiera alimentare provoca dei danni irreparabili ne sono responsabili tutte le componenti, dagli allevatori ai consumatori. L’invito è di prestare attenzione a ciò che si acquista, il consumatore finale può contribuire a bloccare gli scempi causati dalla ricerca del profitto massimo.

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Pubblicato da
Giulia Borraccino