Coldiretti avverte che in autunno il costo degli alimenti derivati dal grano potrebbe essere 12 volte superiore
La crisi climatica modificherà le dispense dei consumatori. Ad esserne certa è la Coldiretti, riferendosi ad un’analisi di Assopanificatori. La produzione di grano, nonostante l’ampliamento delle aree destinate alla coltivazione, quest’anno ha subito un calo del 10 per cento, che inevitabilmente si ripercuote sul prezzo della pasta e del pane, alimenti prediletti nella dieta italiana. La crisi del grano è causata dai cambiamenti climatici, che hanno squilibrato la coltivazione del prezioso cereale. Si annuncia una carenza di frumento mai vista in precedenza, anche superiore ai tempi della guerra.
Il preoccupante scenario è confermato da Giuseppe Ferro, amministratore delegato del gruppo “La Molisana”, terza azienda più importante di pastai in Italia: “Tra marzo e maggio non avremo abbastanza grano per fare la pasta. Il cuore del problema è in Canada, che è di gran lunga il primo produttore al mondo di grano duro e che quest’anno ha prodotto 3,5 milioni di tonnellate anziché le solite 6,5. La nostra famiglia è nel settore da 110 anni e non abbiamo mai visto nulla del genere: nemmeno durante la guerra mancò così tanto grano”.
Per legge, in Italia la pasta è prodotta esclusivamente con il grano duro, che può essere stoccato solo per un mese. Data la penuria della materia prima, e l’impossibilità di conservazione, inevitabilmente ci sarà un effetto a cascata sui prezzi degli alimenti, in particolare pasta e pane. Ferro avverte che bisogna prepararsi a dei rincari ingenti, fino a 12 volte superiori a quelli attuali. Il gruppo Lidl ha già aumentato il prezzo della pasta di 10 centesimi a confezione, che a fine anno potrebbero raggiungere i 25 centesimi in più.
Come spiegano le associazioni di pastai, la materia prima incide sull’80 per cento del costo del prodotto finito; la crisi del frumento avrà importanti conseguenze sul costo degli alimenti derivati dal grano. E ciò non riguarda solo il mercato italiano. In alcuni mercati, in breve tempo il costo del grano duro è passato dai 250 euro a tonnellata (prezzo stabile nell’ultimo quinquennio), a 500 euro. Un raddoppio repentino.
Le conseguenze della crisi climatica che il mercato del grano sta subendo coinvolgono tutta la filiera, dalla produzione al consumo finale. La pasta è la base dell’alimentazione italiana, considerata alimento “povero”, accessibile a tutti. Se questa prerogativa verrà scalzata da materie prime più competitive sul mercato si potrà presto dire addio all’eccellenza della dieta mediterranea. Dove si devono cercare le responsabilità?
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