I prodotti semilavorati destinati al commercio estero possono riportare in etichetta l’origine italiana anche se i pomodori sono cinesi
100 milioni di chili di derivati del pomodoro sono sbarcati dalla Cina quest’anno, per approdare in Italia e coprire oltre il 15% della produzione nazionale. Il consumo di derivati del pomodoro, come ad esempio il sugo, in Italia è di circa 30 kg l’anno per persona. L’utilizzo interno, che ricopre buona parte della dieta mediterranea, è molto alto, ed a queste cifre si devono aggiungere le quantità di semilavorati da pomodoro esportate all’estero. La produzione italiana non ce la fa a soddisfare la richiesta a prezzi competitivi, per cui la materia prima o il semilavorato viene importato dalla Cina.
In Italia per il pomodoro semilavorato, quello che si può chiamare passata, pelati o polpa, esiste una legislazione ben precisa. E’ obbligatorio riportare sulle etichette la provenienza della materia prima. Ma non è lo stesso per i prodotti destinati all’esportazione. Si potrebbe spacciare per “Made in Italy” un semilavorato da pomodoro fatto con bacche rosse cinesi. E questo costituisce un problema per la garanzia e l’integrità del marchio “Made in Italy“.
La Coldiretti avverte: “E’ un commercio che va controllato attentamente per evitare che possa nascondere frodi o inganni. Il rischio, infatti, è che il prodotto importato venga spacciato sui mercati nazionali ed esteri come Made in Italy con gravi danni al prodotto nazionale in termini di mercato e di immagine”.
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