Esistono alternative valide per rendere il Gran Chaco economicamente produttivo senza corrompere la biodiversità del luogo
Negli ultimi 20 anni, dal Gran Chaco (1,3 milioni di chilometri quadrati fra Paraguay, Argentina, Bolivia e Brasile) sono spariti 87.000 kmq di bosco. La deforestazione è stata avviata dalla mano umana che, per produrre il profitto di 500 dollari ad ettaro, distrugge gli alberi per vendere legname. Il guadagno è davvero irrisorio, ed il costo? Ogni kmq di foresta salva il pianeta da 13.000 tonnellate di CO2. Quindi il prezzo di 13.000 tonnellate di emissioni è di 50.000 dollari. E’ uno scambio equo? I cambiamenti climatici e le conseguenti perdite in termini di vite umane e di preziose ricchezze naturali dicono di no. Se andremo avanti così, nel giro di pochi decenni, delle foreste che agli inizi del ‘900 erano vergini, resterà poco o niente.
Museo Verde, associazione per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale del Sudamerica, ha elaborato un progetto per sottrarre il Gran Chaco alla lenta distruzione. Nel programma, oltre alla protezione della biodiversità, ci sono delle proposte per trarre profitto dalla pianura sudamericana senza metterne a rischio l’integrità. La produzione di legname deve essere ridotta, e valutata a prezzi più alti. Nel contempo, garantendo la sopravvivenza di specie faunistiche protette e di alberi secolari, si possono intensificare le attività turistiche, che andrebbero ad incrementare i guadagni delle località. Numerose popolazioni tribali indigene vivono nel Gran Chaco, e la deforestazione potrebbe privarle degli elementi essenziali alla loro sopravvivenza, quali cibo ed erbe per preparati medicinali.
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L’associazione Museo Verde spiega: “Il Gran Chaco è la seconda massa forestale più estesa delle Americhe che conserva decine di milioni di tonnellate di anidride carbonica. Lo dicono i virologi: le foreste sono essenziali per la nostra sopravvivenza. Ci proteggono dal ‘cigno nero’ delle pandemie“.