Le comunità internazionali che hanno già ricevuto sufficienti dosi di vaccino dovrebbero finanziare la lotta contro il Covid nei paesi a basso reddito
“Ogni morte per Covid-19 è una morte di troppo, ma è devastante sapere che sono morti anche un bambino e una ragazza di 17 anni”. Sonia Khush, responsabile di Save the Children per la Siria, commenta così l’impennata di decessi e contagi nella Siria settentrionale. In quella zona da agosto a settembre i casi sono aumentati del 144% e le strutture sanitarie che ospitano i pazienti non sono adeguate alle emergenze.
La variante Delta sta colpendo impietosamente una zona che già versa in difficili condizioni sanitarie, igieniche ed economiche. Save the Children, presente sul campo, tenta di fornire sostegno e medicinali, ma l’emergenza ha raggiunto un tetto troppo alto per essere risolta all’interno dei confini nazionali.
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A questo link il comunicato di Save the Children pubblicato il 1° ottobre
Save the Children chiede ai governi internazionali più finanziamenti, per cercare di contenere l’onda di contagio e creare strutture ospedaliere adeguate. Mentre molti paesi ad alto reddito sono in procinto di somministrare la terza dose di vaccino, altri meno fortunati hanno ricevuto prime dosi per una parte molto esigua della popolazione.
Ammalarsi di Covid in Siria non è come ammalarsi in Europa: “Davanti ai centri di isolamento e agli ospedali di Idlib c’è un grande affollamento e ci sono code all’esterno. In questo momento abbiamo raggiunto il picco dell’epidemia a Idlib. Non c’è quasi più spazio negli ospedali e nei centri di isolamento: gli ospedali sono pieni quasi al 99%. Inoltre, i campi sono sovraffollati e il tasso di diffusione del virus è molto pericoloso”. Questo è il racconto del supervisore del “Community Care Center” di Violet, organizzazione partner di Save the Children.