“Stop alle emissioni”, l’appello delle comunità religiose alla Cop26

L’incontro tra esponenti religiosi e scienziati si è svolto in Vaticano. Papa Francesco sottolinea che l’incontro “unisce tante culture e spiritualità in uno spirito di fraternità”

Foto (Pixabay)

Le generazioni future non ci perdoneranno mai se perdiamo l’opportunità di proteggere la nostra casa comune. Abbiamo ereditato un giardino: non dobbiamo lasciare un deserto ai nostri figli”. Questo si legge nell’Appello congiunto firmato da 40 leader religiosi presso il Vaticano. Papa Francesco ha presentato il testo al presidente della COP26, Alok Sharma, e al ministro degli Affari Esteri italiano Luigi Di Maio.

Buddisti, induisti, cristiani, protestanti, musulmani ed esponenti di altre religioni si sono riuniti presso la Santa Sede per fare fronte comune contro l’incedere ininterrotto della devastazione ambientale del pianeta. Si chiede che vengano azzerate quanto prima le emissioni nette di carbone, in linea con gli Accordi di Parigi. L’appello giunge con l’avvicinarsi della Cop26, summit a Glasgow in programma dal 31 ottobre al 12 novembre.

Il Papa, ambasciatore della richiesta su carta concertata dopo mesi di dialogo interreligioso, legge: “La COP26 di Glasgow è chiamata con urgenza a offrire risposte efficaci alla crisi ecologica senza precedenti e alla crisi di valori in cui viviamo, e così a offrire concreta speranza alle generazioni future: desideriamo accompagnarla con il nostro impegno e con la nostra vicinanza spirituale”.

Interdipendenza sembra essere la parola chiave del discorso di Francesco. Trattare il pianeta come una casa comune ed averne cura è la spinta ideologica su cui fondare interventi concreti.

L’immagine antropocentrica che mette l’uomo al centro del disegno divino o tecnologico è una distorsione della modernità; è necessario sostituirla con il rispetto e la consapevolezza che il pianeta contiene in sé tutti elementi necessari al suo equilibrio. Spazzato via l’ambiente naturale, l’uomo lascerà in eredità solo un terreno arido, da cui non potrà trarre più nulla.

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Fondamentale è l’apporto di comunità religiose differenti, che lasciano le controversie spirituali da parte per unirsi in un clima di cooperazione.

Conclude Francesco: “L’incontro che unisce tante culture e spiritualità in uno spirito di fraternità, non fa che rafforzare la consapevolezza che siamo membri di un’unica famiglia umana: abbiamo ciascuno la propria fede e tradizione spirituale, ma non ci sono frontiere e barriere culturali, politiche o sociali che permettano di isolarci.

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