Le morti bianche dell’Inail lasciano molti dati sommersi. Tra questi stranieri e lavoratori in nero
Le morti sul lavoro anche questo mese hanno riempito le prime pagine di siti d’informazione e giornali. La questione è molto dibattuta, ed i sindacati hanno organizzato una mobilitazione a Roma per il 13 novembre. Ma nonostante si sia lontani dai tempi dei romanzi di Verga, la sicurezza sul lavoro è ancora un campo deficitario.
Nei numeri dell’Inail, riportati da un comunicato di Osservatorio Diritti il 4 ottobre, si legge che nel 2021 le morti bianche hanno subito una leggera deflessione, ma non sufficiente a definirla miglioramento. Sono molte le cause di morte sul posto di lavoro: possono essere lavoratori autonomi o dipendenti, scarse misure di sicurezza o errore umano.
Troppo spesso vengono rubricate come “incidenti”. L’errore umano, se si vuole delegare alla vittima la responsabilità, dovrebbe essere previsto dai sistemi di sicurezza ed arginato con tecnologie apposite.
Gli ultimi dati parziali e provvisori diffusi dall’Inail raccontano che da gennaio ad agosto 2021 hanno perso la vita almeno 772 lavoratori e lavoratrici dipendenti, oppure appartenenti a particolari categorie. Per valutare la rilevanza del fenomeno ci si potrebbe fermare ai numeri dei decessi per definirla grave; invece alla strage dei lavoratori si deve sommare la scarsità dei risarcimenti.
Ossevatorio Diritti mette in luce come i numeri computati siano registrati sulla base delle assicurazioni Inail, che rappresentano una fetta parziale dei decessi. Le statistiche non sono solo freddi numeri, servono anche ad avanzare proposte legislative. Più è rilevante un fenomeno, e più è probabile che finisca all’attenzione delle istituzioni.
Fonti ufficiose ipotizzano che circa un terzo degli infortuni mortali sul lavoro rimanga sottotraccia.
Leggi anche: “Basta morti sul lavoro”, i sindacati scenderanno in piazza il 13 novembre
Leggi anche: Si è chiusa ad 1,2 milioni di firme la campagna per il referendum sull’eutanasia legale
A questo link il comunicato di Osservatorio Diritti
Silvino Candeloro, della direzione nazionale di Inca Cgil parla dei numeri sommersi: “Restano fuori gli abusivi e i sommersi, in nero o clandestini, e gli operatori di categorie che non ricadono sotto l’ombrello Inail“.