Il timore dell’aumento dei prezzi e dell’incremento delle tasse disincentiva i consumatori a spendere
La ripresa economica viene incentivata in ogni modo. Le istituzioni italiane si muovono nella direzione di incoraggiare i consumi, attraverso bonus, cashback, ed altre misure di sostegno alle spese. Ma un’indagine di Confcommercio, pubblicata da U.Di.Con, mostra come nel primo post pandemia, anche se ufficialmente siamo ancora in stato di emergenza sanitaria, la ripresa dei consumi sia ancora troppo timida.
La ragione principale è il timore che a breve ci saranno aumenti di imposte e di costi delle forniture. Si naviga nell’incertezza, stato d’animo ereditato da oltre un anno e mezzo di capovolgimento totale delle abitudini; scrollarsi di dosso lo stato di ansia per il presente e per il futuro non è semplice. Neanche le statistiche sulla diminuzione dei contagi riescono ad essere rassicuranti.
Nonostante lo stato d’emergenza istituzionale probabilmente terminerà con la fine dell’anno, la sensazione di vivere nell’emergenza durerà molto più a lungo. Lo confermano psicologi e sociologi. E lo stato mentale di privazione non può non influire sui consumi. La leggerezza nello “spendere” lascia il posto alla necessità di accumulare somme per “l’emergenza”.
Secondo l’indagine di Confcommercio, tra i maggiori ostacoli alla ripresa dei consumi c’è il timore delle tasse, subito seguito dalla paura di un rialzo dei prezzi di alimenti e vestiario. Una famiglia su tre teme che a breve potrebbe ricevere un calo del reddito o la perdita del posto di lavoro.
Non solo i privati covano questi timori, ma anche le imprese sono spaventate da un incremento delle tasse. Il riavvio delle riscossioni fiscali, sospese durante la pandemia, non gioca a favore di un sentimento ottimista.
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La scarsa fiducia nel futuro, come la storia insegna, è un detonatore di ansia collettiva, che nuoce alla stabilità sociale ed economica.