No alla Sugar tax in Italia, ma i nutrizionisti non sono d’accordo

Il Fatto Alimentare ha sottolineato come gli interessi delle industrie abbiano prevalso sulla salute dei cittadini

sugar tax
(unsplash)

La tassa sugli zuccheri, la sugar tax, è stata già sperimentata in molti paesi al livello mondiale, specialmente quelli che storicamente hanno una maggior incidenza di obesità. Le bibite gasate analcoliche contribuiscono più di quanto si immagini all’apporto calorico giornaliero.

Quel che preoccupa, in particolare, è la salute dei bambini, ignari consumatori di queste dolci bevande, che poi, senza esserne consapevoli, possono incorrere in malattie correlate all’aumento di peso.

Un eccesso di zuccheri semplici può essere utile in concomitanza ad un’intensa attività sportiva. Molto spesso, al contrario, le bevande dolci sono da passeggio o da salotto.

Qualche giorno fa è stata discussa dal governo italiano l’unica soluzione finora efficacie adottata dai paesi mondiali per ridurre il consumo di zuccheri: la sugar tax. La tassazione delle bevande zuccherate, che comporta un aumento di prezzo, deve essere accompagnata anche da un’idonea informativa sui rischi derivanti dall’eccesso di zuccheri nell’alimentazione.

Ma il governo italiano ha detto no alla sugar tax, per ora. Ha deciso di rimandare al 2023 la questione, ascoltando i moniti delle industrie di bevande che sostenevano l’inutilità della tassa e la sua dannosità sull’economia italiana.

Ancora una volta la logica del profitto scavalca quella della tutela dei diritti, tra cui quello alla salute. Il Fatto Alimentare, in una lettera datata gennaio 2019 inviata all’allora ministro della Salute Giulia Grillo aveva chiesto che venisse introdotta una tassa del 20% sulle bibite zuccherate.

I soldi provenienti dalla tassa sarebbero stati destinati a progetti di educazione alimentare ed a iniziative contro l’obesità e il sovrappeso. La lettera è stata sottoscritta da 340 medici, nutrizionisti, dietisti e pediatri.

Purtroppo la vicenda non ha avuto esito positivo. I politici hanno preferito tenere conto delle esigenze delle lobby industriali piuttosto che dei pareri medici, e la lettera è caduta nel vuoto.

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Ad oggi si replica la stessa commedia, rimandando al 2023, o forse sine die, una tassa che non solo potrebbe ridurre il consumo di zuccheri in bambini ed adolescenti, ma anche creare una cassa per i progetti di sensibilizzazione alimentare, fino a qualche decennio fa poco necessari nel nostro paese, ma che ora sono diventati sempre più urgenti.

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