Il Garante per la privacy ha deciso inoltre di avviare un’indagine sulle app per green pass non in regola, riservandosi gli opportuni interventi a tutela degli utenti
Siamo nell’era pass. E’ stata aggiunta la parola Green, il verde del semaforo che ti consente di passare. Questo è il Green pass, o meglio, il certificato Covid.
E’ stato concertato e partorito da tutti i paesi occidentali che evidentemente non riuscivano a trovare altra risposta alla ripresa delle attività produttive e commerciali “in sicurezza”.
Per cui, dal 6 agosto 2021, ognuno di noi, per entrare in un luogo chiuso quale museo, cinema, locali etc., deve esporre il pass con il semaforo verde. Delle proteste che sono seguite ne siamo tutti a conoscenza, anche per la gravità politica degli attacchi, che hanno spostato l’attenzione di una rivendicazione civica, colorandola di nero.
Ma il problema a questo punto non si riduce più alla legittimazione democratica del green pass. Il Garante per la privacy, in un comunicato stampa del 1° novembre 2021, avverte che alcune app per il controllo del certificato verde acquisiscono informazioni personale e le rivendono a terzi a scopi commerciali o comunque di lucro.
Questa scoperta viola pesantemente qualunque tutela della privacy. Come è stato possibile?
Facciamo un passo indietro.
Il certificato verde che viene esposto deve essere controllato obbligatoriamente da qualunque esercente della ristorazione, proprietario di cinema, teatri, sale concerti etc. Se il pass è falsificato, o non appartenente al soggetto che lo esibisce, il “controllore” è tacciabile di pesante sanzione. Come si fa a provvedere in breve tempo a strumenti di controllo diffusi?
La tecnologia come sempre viene in soccorso. Una app ufficiale, l’App VerificaC19, rilasciata del Ministero della Salute, si può scaricare gratuitamente e consente di verificare la regolarità del pass senza trattenere informazioni sul soggetto.
Allo stesso tempo, data la grande richiesta dello strumento di controllo, diversi store hanno messo a disposizione delle app di verifica del green pass. Il Garante per la privacy avverte che queste applicazioni non ufficiali “consentono a chi le scarica, inquadrando il QR Code, di leggere dati personali come nome, cognome, data di nascita, ma perfino dosi o tamponi effettuati. In alcuni casi le app richiedono anche una registrazione per il download e trasferiscono i dati a terzi”.
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Questo rappresenta un attacco veramente grave alla tutela dei diritti dei cittadini, anche perché non ci sono strumenti per proteggersi. L’unica mossa possibile sarebbe abilitare come strumento di controllo solo all’applicazione ufficiale, ma dove finirebbe allora la libertà dell’economia concorrenziale?
E così, “di libertà in libertà”, ne viene inevitabilmente sottratta qualcuna.
A questo link il comunicato del GPDP