In Uganda un progetto petrolifero distruggerà Marchinson Falls

Le ONG che hanno contestato gli investimenti sulle estrazioni di petrolio e sulla costruzione di un oleodotto dall’Uganda alla Tanzania hanno subito numerosi arresti ed intimidazioni

marchinson falls
(unsplash)

L’Uganda è uno dei territori del pianeta più soggetto a disastri da crisi climatica. E così anche la Tanzania. TotalEnergies e CNOOC, aziende leader del settore petrochimico, hanno deciso di investire denaro (5 miliardi di dollari la TotalEnergies, cifra non pervenuta la CNOOC) per l’estrazione di petrolio in due giacimenti in Uganda, e per la costruzione di un oleodotto che arrivi fino alla Tanzania.

Fin qui tutto bene, l’economia del paese viene prima dell’ambiente ed è tutta soddisfatta all’idea di incrementare i propri profitti (se non fosse che poi finiscono nelle tasche dei politici e delle forze armate). Ma viene tralasciato un punto importante: i due giacimenti petroliferi sono ubicati nel cuore del Parco Naturale Marchinson Falls, il più grande polmone verde dell’Uganda che ospita più di 500 specie di animali, alcune delle quali in via di estinzione.

La realizzazione del progetto petrolifero, nelle operazioni di estrazione e di costruzione dell’oleodotto, finiranno per creare un disastro ambientale irrecuperabile. Ribadisco: l’Uganda e la Tanzania sono già pesantemente compromesse dalla crisi climatica; questo ulteriore passo di “modernizzazione” dei paesi non farà altro che inasprire le ripercussioni sulle popolazioni indigene. E si chiama progresso.

Finora siamo già a due “infrazioni” etiche: la distruzione di un polmone verde dell’Uganda e l’estrazione di altro combustibile che finirà inevitabilmente per contribuire all’inquinamento dell’aria.

Ma non basta. L’utilizzo del greggio, secondo il governo ugandese, doveva essere utilizzato per rilanciare il mercato economico interno, ma le multinazionali si sono opposte strenuamente, ed alla fine il governo ha ceduto. Il 60% del petrolio sarà destinato all’esportazione, e solo il 40% al mercato indigeno. “L’economia coloniale ha prevalso sull’economia indigena”.

ONG, associazioni cattoliche e musulmane si sono fatte sentire a Glasgow per convincere le istituzioni a retrocedere dal folle progetto che distruggerà Marchinson Falls ed arrecherà profitto alle solite multinazionali che ne posseggono già da vendere.

Il colonialismo non è un retaggio del passato, con uomini dal capello buffo ed abito beige, o con le teste di tigre esposte nei salotti occidentali. Il colonialismo è più che mai presente nello sfruttamento economico ed ambientale di paesi “in via di sviluppo”, che con queste logiche non svilupperanno mai.

Questo lo sanno i governi, lo sa la popolazione civile ed anche le organizzazioni per i diritti umani ed ambientali, che si impegnano quotidianamente per far sentire la voce soffocata dagli interessi delle multinazionali. Ad un prezzo molto alto.

Venerdì 22 ottobre 2021 sei membri dell’Istituto Africano per la Governance dell’Energia (AFEIGO) sono stati arrestati e messi sotto custodia cautelare. Lo scorso agosto AFEIGO è stata sospesa come associazione. La motivazione è ridicola: “Il problema è l’attivismo di AFEIGO nella sensibilizzazione sui diritti alla terra nel Marchinson Falls Park, dove Total e CNOOC stanno sviluppando un progetto per il petrolio e il gas”, spiegano le istituzioni.

Sempre in ottobre, i membri di altre due ONG contrarie al progetto petrolifero hanno subito simili intimidazioni.

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Le proteste sono servite a salvare Marchinson Falls? Sembra di no, sono servite soprattutto a creare altri “nemici della patria” da additare come agitatori e sovversivi. E se non bastasse il danno, il portavoce governativo risponde con una beffa: “Tutti qui pensiamo che i religiosi e i fedeli devono curarsi della salvezza delle anime in quanto alla salvezza degli uomini ci stiamo già pensando noi”.

A questo link l’articolo di Focus on Africa datato il 31 ottobre 2021

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